Un’indagine del Washington Post e di altre 16 testate internazionali fa emergere come diversi governi ‘autoritari’ hanno usato un software israeliano per spiare i cellulari di giornalisti, attivisti e manager nel mondo.
Si tratta di Pegasus, software rilasciato da NSO Group ed è nato per consentire ai Governi di seguire terroristi e criminali, ma non sarebbero chiare le ragioni per cui sono stati messi in lista quasi 50mila contatti. Agirebbe attraverso un virus che finirebbe per dare accesso alla messaggistica e al microfono.
Il Washington Post fa sapere che nella lista degli utilizzatori dello strumento ci sarebbe anche Victor Orban, Premier ungherese, ma Budapest smentisce. In quella degli ‘spiati’, fra Capi di Stato, manager, attivisti e giornalisti, anche diverse persone vicine a Jamal Khashoggi.
Il caso di Khashoggi: giornalista oppositore ucciso in esilio
Jamal Ahmand Khashoggi era un giornalista saudita, caporedattore di Al-Arab News Channel e redattore del quotidiano al-Watan (La Patria). Nel 2017 lascia l’Arabia Saudita auto esiliandosi a seguito delle censure e delle tensioni per le aspre critiche mosse contro il Principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammad bin Salman e il Re Salman. Fu inoltre un grande oppositore dell’intervento saudita in Yemen che oggi è costato centinaia di vite.
La vicenda di Khashoggi termina il 2 ottobre 2018 quando entra al Consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul senza mai uscirne. Alcune fonti lo danno per morto e “squartato” all’interno del consolato. Il Governo saudita, in un primo tempo, afferma che Khashoggi esce da una porta posteriore. Nessuna telecamera di sorveglianza però sembra averlo ripreso.
Dopo 13 giorni dalla scomparsa viene condotta un’ispezione: le prove sono palesemente manomesse e si accerta che Khashoggi è stato ucciso. Il 19 ottobre la tv di stato saudita conferma la sua morte, avvenuta a seguito di un diverbio al consolato. A distanza di un mese arriva la conferma della CIA che il mandante dell’omicidio è Mohammad bin Salman.