Courtald Galleries, Londra

Quel 23 dicembre in cui Van Gogh si mutilò l’orecchio con un rasoio

Vincent Van Gogh è certamente uno di quei personaggi di cui ogni storia sembra leggenda, ed invece è quasi sempre vera. Il maestro europeo forse più incosciente del secolo scorso, nel senso di non aver mai avuto coscienza di esserlo, continua a echeggiare nei corridoi e nelle aule delle scuole elementari, come nelle grandi case d’asta.

Se la Gioconda di Leonardo può essere definita “bella a priori” ma non piacere a qualcuno, Vincent Van Gogh è indiscutibilmente universale, piace a tutti. Ma quanta sofferenza in una vita così ai margini del successo? Si pensi che nella sua vita riuscì a vendere un solo quadro. Un’esistenza segnata da povertà e pazzia, la stessa pazzia che quel 23 dicembre di 134 anni fa lo portò a mutilarsi un orecchio.

© The Bancroft Library, University of California a Berkeley

Protagonista di questo folle evento il collega e amico Paul Gauguin, che quel giorno aveva appena terminato di ritrarre Vincent mentre dipingeva girasoli. Vedendo il ritratto l’artista esclamò: “sono certamente io, ma io divenuto pazzo”. Dopo aver bevuto insieme per tutta la sera, Van Gogh aggredì Gauguin scagliandogli un bicchiere contro il viso che riuscì miracolosamente a schivare. Stufo di tanta follia si convinse a lasciare Arles e l’inquieto compagno di bevute, ma non prima di un’ultima visita al museo di Montpellier il giorno seguente.

Al museo i due litigarono ancora e l’ira di Van Gogh sfociò in un inseguimento a piedi con un rasoio tra le mani, salvo poi desistere dall’intento ed usare il medesimo rasoio contro sé stesso. Così Van Gogh si tagliò metà dell’orecchio sinistro, e dopo averlo incartato lo consegnò a Rachele, una prostituta del bordello frequentato spesso da entrambi gli artisti (vi è anche una seconda versione più recente, secondo la quale la
destinataria fu in realtà una tale Gabrielle, cameriera diciannovenne di Arles). La mattina seguente fu raggiunto dalla Polizia che lo fede ricoverare in ospedale.

Contrariamente a quanto si è pensato per anni, la ferita fu tutt’altro che lieve. Un documento del dott. Rey Fèlix riporta che Van Gogh si sarebbe asportato quasi l’intero padiglione sinistro, un violento gesto autolesionista dettato dalla sofferenza dell’artista, che sarebbe sfociata poi nel suicidio due anni dopo. Questo documento, rinvenuto nell’archivio dello scrittore Irving Stone, fu fatto realizzare da quest’ultimo dal medico dell’ospedale di Arles che aveva visitato e curato Van Gogh, nell’ambito di una serie di approfondimenti e ricerche che daranno poi vita all’opera “Brama di Vivere”, dello stesso Stone.

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