Ventinove anni dalla strage di via d’Amelio. Ancora dalla parte dei giusti

Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi – prima donna in una scorta e prima caduta in servizio – Vincenzo Li Muli, Walter Eddi Cosina e Claudio Traina. Morti meno di 60 giorni dopo Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. 

Per celebrare la memoria della Strage di via d’Amelio partiamo dai nomi e dalle famiglie lasciate senza madri e padri e figli. Ancora una volta per mano della mafia, sempre in quell’estate tragica del 1992.

Sono 29 anni dalle strage di via d’Amelio

Sono le 16:59 di un’afosa domenica palermitana, il Giudice Borsellino lo sa che la morte lo segue dal 23 maggio, ma lo stesso va a fare visita alla madre, Maria Pia Lepanto, e alla sorella, Rita Borsellino. Quando fa per citofonare da le spalle ad una Fiat 126, parcheggiata – anche se il Giudice Antonino Caponnetto lo aveva vietato – rubata e caricata con 90 chili di esplosivo. “Improvvisamente è stato l’inferno“, racconta Antonino Vullo, agente sopravvissuto all’attentato. “Attorno a me c’erano brandelli di carne sparsi dappertutto“, aggiunge disperato.

Spenti i fuochi, partono le indagini: Borsellino, Borsellino bis, ter, quater. Una sequela di udienze e incartamenti e nomi a cavallo fra mafia e Stato. L’agenda rossa, la borsa sottratta, il futuro letto nelle parole appuntate dal Giudice che sapeva di essere nel mirino di mafia e Stato, un po’ avversari un po’ oscuri fratelli.

Cosa celebriamo oggi?

Sono trascorsi 29 anni da quella deflagrazione che ha portato via persone e cose e sconvolto per sempre decine e decine di vite. Ma al di là di cerimonie, targhe, applausi e ricostruzioni dettagliate, cosa dobbiamo farne di questi corpi dilaniati sull’asfalto? Una lezione di vita – è l’unica risposta -, superiore alle meccaniche di giusto e sbagliato, accusato e accusante, vittima e carnefice. Perché oggi grazie a questa lista onorevole di nomi possiamo rispondere fermi alla più importante delle domande: la difesa della legalità vale una vita? La lotta alla mafia vale una, due, cento vite?

Ebbene, a distanza di 29 anni l’unica celebrazione utile è questa, questa risposta chiara: . Sì per affermare la giustizia, ferma e pulita, sì per abbracciare i corpi e le anime di chi si è sacrificato per noi e di chi ha dovuto cedere il proprio padre, madre, fratello, figlio allo Stato perché potessimo continuare a vivere nella loro visione: dalla parte dei giusti.

 

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