Viaggio nella periferia romana con Massimo Siragusa

Un centinaio di scatti a colori raccontano con sensibilità e senza sconti la periferia della Capitale. Con le sue diversità, le contraddizioni, gli angoli inaspettati, la convivenza a volte stridente tra antico e moderno, le ferite aperte da abusivismo e noncuranza. Si intitola “Roma. Massimo Siragusa” questa mostra al Museo di Roma in Trastevere del fotografo siciliano (Catania, 1958), lucido narratore e testimone di una realtà complessa e ineludibile.

Attorno alla Roma celebrata dall’iconografia classica, alla città della grande bellezza dal fascino monumentale e un po’ decadente, con i suoi luoghi iconici invidiati dal mondo intero, sorge un’altra città. Nascosta e estranea ai flussi turistici.

Un’area abitata e vissuta da oltre la metà dei cittadini romani. Una città caotica, spesso abusiva. Con i suoi cancelli, ringhiere, muri, alberi, reperti archeologici, auto, che si sovrappongono e si confondono in un caos visivo straordinario e unico. È la periferia. Anzi, le periferie. Diverse tra loro ma accomunate tutte dalla stessa anarchia visiva e architettonica. In questo lavoro, che si è snodato per oltre due anni lungo il perimetro della città, ho cercato relazioni, passaggi, dialoghi, quasi a volere tentare di mettere in ordine il caos della realtà.

Un viaggio nelle periferie romane, che Massimo Siragusa conosce e studia da tempo, narrate attraverso lo sguardo attento della sua macchina fotografica: quasi un documentario, con paesaggi in cui reperti del passato e dell’antico splendore di Roma coesistono con le palazzine degli anni Sessanta, con le strade trasformate in parcheggi e con le costruzioni abusive.

I Premi per Massimo Siragusa

Vincitore di quattro World Press Photo (2009 – 3° Premio Contemporary Issues – World Press Photo, 2008 – 2° Premio Arts Stories – World Press Photo, 1999 -1° Premio Arts Stories – World PressPhoto, 1997 – 2° Premio Daily Life – World Press Photo) Massimo Siragusa ha scelto come soggetto per la sua mostra una Roma meno riconoscibile e, come lui stesso spiega, una Roma nascosta ed estranea ai flussi turistici. Un’area abitata e vissuta da oltre la metà dei cittadini romani.

Nel suo lavoro, che si è snodato per oltre due anni lungo il perimetro della città, l’artista ha cercato relazioni, passaggi, dialoghi, quasi a volere tentare di mettere in ordine il caos della realtà.

Giovanna Calvenzi, curatrice della mostra, sottolinea come le periferie raccontate dall’artista non abbiano bisogno di nomi, ma si inseguano tra loro, diverse e uguali.

La periferia di Roma

Le periferie di Massimo Siragusa sono il limite, i margini di una metropoli che può espandersi o implodere, che soprattutto nei decenni a ridosso del dopoguerra è andata incontro a un’espansione incontrollata, incurante del rispetto delle cromie storiche o degli spazi altrui.

Roma si riconosce ogni tanto dalle emergenze di statue o capitelli, “segnali” che ci ricordano che non potremmo essere altrove. L’atmosfera, la luce, ma soprattutto l’anarchia che accomuna – pur ignorandoli – storia, ricordi, progetti passati e futuri, ci conferma dove siamo. La Roma di Massimo Siragusa è una città dove tutto è possibile e tutto è impossibile.

La mostra è una selezione dei lavori raccolti nel volume “Roma” edito da Postcart edizioni, che contiene una sceneggiatura inedita di Ugo Gregoretti, testi di Marco Maria Sambo, Giovanna Calvenzi e un racconto di Tommaso Giagni.

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