SSN, liste d’attesa con tempi biblici, idem colonscopia a mammografia

Buona parte dei tempi relativi alle liste d’attesa per le prestazioni sanitarie sono drogati, non sono reali. Lo spiega all’Adnkronos Salute Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), su uno dei problemi della sanità più sentiti dai cittadini, al centro di un decreto ad hoc in dirittura d’arrivo.  Molte agende – dice – sono chiuse. E ci sono tante persone che oramai non si rivolgono più al Servizio sanitario nazionale, ma vanno direttamente nel privato.

“Il tema è molto complesso – spiega –  ha molti fattori di cui tener conto e i dati che abbiamo spesso non rispecchiano la realtà. Per esempio: se si vuole prenotare una colonscopia e i tempi prospettati sono lunghissimi, spesso si ricorre direttamente al privato e questo non viene intercettato dal monitoraggio“.

“In questo momento – continua Anelli – “lo sforzo che bisogna fare è dare credibilità al sistema pubblico. Per questo il provvedimento in arrivo deve poter rispondere all’esigenza di far tornare le prestazioni dal privato al pubblico perché il sistema sia più equo“.

Rafforzare il sistema pubblico – rimarca – significa ovviamente ridurre le disuguaglianze che sono il vero problema, con una sanità per ricchi, per chi paga, e una sanità invece per chi non può. Alcuni aspetti – aggiunge – sono particolarmente importanti e avranno risposta nel prossimo decreto. Il primo è che finalmente potremmo avere un monitoraggio vero, che valuterà il prescritto, cioè quello che chiedono i medici, e l’erogato, quello che viene concretamente erogato oggi dal sistema pubblico, accreditato. E non privato. Già sapere questo – sottolinea il Presidente della Fnomceo – significa avere la cognizione di quale sia la realtà dell’attesa“.

A questo punto, infatti, il Governo , grazie alla conoscenza e in maniera centralizzata, potrà finanziare in modo mirato: se ho da fare un milione di Tac, finanzio un milione di Tac, poi potrò decidere delle priorità, potrò decidere che farò prima quelle oncologiche, per esempio“.

Sono tanti gli italiani alla ricerca di un appuntamento per una colonscopia, alle prese con i centralini dei Cup regionali per trovare un posto senza aspettare mesi. A fare il punto per l’Adnkronos Salute è Francesco Neri Bortoluzzi, Segretario nazionale dell’Associazione italiana gastroenterologi ed endoscopisti digestivi ospedalieri (Aigo).

In attesa del decreto contro le liste di attesa, a cui sta lavorando il Ministero della Salute per risolvere il tallone d’Achille del nostro Servizio sanitario nazionale, dice Bortoluzzi – “ad oggi confermiamo che siamo ancora indietro in tante Regioni nel rispetto dei tempi delle priorità per le colonscopie. Ad esempio, la priorità B (entro 10 giorni dalla richiesta) è rispettata nel 60% delle Regioni (Veneto, Lombardia E.Romagna e Toscana), ma se andiamo alla media priorità (entro 60 giorni) scendiamo sotto il 50% (Lazio, Piemonte e Marche). Mentre al Sud (Campania, Calabria e Sicilia) stiamo messi peggio e le attese sono significative: si arriva anche a un anno“.

Nell’analisi su come affrontare e arginare il fenomeno delle liste d’attesa, l’Aigo mette in risalto alcuni punti. “C’è un recente studio che ha analizzato 100mila colonscopie fatte in Italia: quasi il 30% è inappropriata. Solo se potessimo recuperare questo dato già sarebbe un buon viatico per il Ssn. Perché? Ci sono tanti fattori: la medicina difensiva, si prescrivono esami solo per soddisfare un paziente ‘capriccioso’, e poi perdurano falsi miti come anticipare troppo la colonscopia, mentre lo screening giusto è l’esame del sangue occulto nelle feci ogni due anni tra i 50 e 69 anni. Questo tipo di approccio – si è verificato – è stato in grado di ridurre in 20 anni del 15% la mortalità per cancro”.

“Ci sono regole precise per la prescrizione di una colonscopia – ricorda Bortoluzzi – lo specialista dovrebbe conoscerle e anche il medico di base. La questione dell’appropriatezza delle prescrizioni esiste e credo che il ministero della Salute insisterà su questo fronte ma non esiste appropriatezza senza il meccanismo della priorità che va assegnato dallo specialista“.

L’inappropriatezza delle prestazioni in Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva secondo Bortoluzzi supera il 25% dei casi tra gli esami endoscopici di primo livello (come la esofagogastroduodenoscopia e la colonscopia): “Una percentuale sicuramente rilevante che diventa critica se si considera che ogni anno in Italia vengono effettuati non meno di 2milioni e 500mila di questi esami” – ricorda – C’è un problema secondo l’Aigo: non esistono valori benchmark di riferimento per la colonscopia, non sappiamo i bisogni reali della popolazione, quante sono le persone che hanno necessità della priorità e chi no. Se il ministero della Salute riuscisse a mettere insieme tutti questi dati – conclude – si potrebbe valutarli e interpretarli per lavorare sulle strategie migliori per abbattere le liste d’attesa“.

L’emergenza delle liste di attesa continua, fra le segnalazioni che ci sono arrivate negli ultimi mesi ci sono quelle relative alla mammografia per la quale,in alcune aree del Paese, addirittura non è possibile prenotare o si attendono anche 390 giorni per quelle di routine, e venti giorni per quelle che andrebbero erogate nel giro di 72 ore“. Lo spiega, all’Adnkronos Salute, Valeria Fava, responsabile politiche della salute di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, che si appresta ad aggiornare i numeri delle attese, con il consueto report dell’associazione.

Sul tema, aggiunge Fava, “attendiamo di conoscere i dettagli del Decreto del ministero della Salute. E’ certo, però, che l’argomento va affrontato dal punto di vista dell’offerta e non solo della domanda: i cittadini devono avere la possibilità di ricevere le prestazioni di cui hanno bisogno nei tempi stabiliti. E’ un loro diritto e una garanzia riconosciuta dal nostro Servizio sanitario nazionale. Allo stesso tempo ci sono norme non ancora rispettate, come quella che vieta le liste bloccate, o quella che dà al cittadino la possibilità di ricevere la prestazione in intramoenia o in struttura privata accreditata, laddove il servizio pubblico non rispetta i tempi di attesa stabiliti in base ai codici di priorità. Ecco cominciamo da questo“.

 

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