Per le emissioni di obbligazioni societarie un 2020 da primato

Sicuramente il 2020, oltre ai devastanti effetti economico – sociali legati alla diffusione della Pandemia da Covid ’19, sarà  ricordato per l’ammontare record di emissioni di carta pubblica e anche di titoli obbligazionari delle società industriali e finanziarie.

Infatti, secondo i recenti dati di S&P Global Ratings, i titoli di debito societario emessi lo scorso anno hanno superato, su base mondiale, i 3200 miliardi di dollari USA, portando l’ammontare complessivo delle obbligazioni in circolazioni di questo tipo a bucare il tetto dei 22mila miliardi di dollari .

Anche l’Italia non è stata risparmiata da questo fenomeno, registrando una crescita del 14% e portando la propria quota di obbligazioni societarie a 382 miliardi di dollari.

Il fenomeno, che, sebbene non in queste dimensioni, non era certamente inaspettato,  trova una sua giustificazione da un lato, a livello macro, nelle politiche accentuatamente espansive condotte dalla Federal Reserve,  dalla Banca Centrale Europea e dalle altre Banche Centrali con le relative ingenti immissioni di liquidità sul mercato; dall’altro, a livello microeconomico, per la strategia adottata dalle imprese industriali e finanziarie finalizzata alla ristrutturazione del proprio indebitamento e alla connessa diminuzione del suo costo complessivo, favorita, per l’appunto, da una abbondante  liquidità  reperibile sul mercato e da un livello di tassi particolarmente contenuto.

Va, però, sottolineato che una larga parte di queste emissioni ha riguardato società con merito di credito più basso,  che hanno cercato di rendere i propri titoli più appetibili con l’offerta di rendimenti più elevati, come dimostra il relativo tasso di crescita (+12%), il doppio di quello segnato dagli investment grade. Non può, quindi, passare sotto silenzio che la categoria di titoli cresciuta di più in assoluto (+15%) lo scorso anno è stata quella classificata nel comparto della Tripla B, un gradino appena superiore ai cosiddetti titoli spazzatura.

Quanto all’Italia gli emittenti di minore qualità, che hanno offerto titoli dal rendimento più elevato, rappresentavano il 32% del mercato nazionale complessivo.

Secondo gli analisti finanziari è, comunque, da escludere che quest’anno si possa ripetere una tale performance. Infatti, da un lato non dovrebbe reiterarsi il massiccio ricorso da parte delle società alla ristrutturazione del proprio indebitamento, processo già sviluppatosi lo scorso anno; dall’altro la recente fiammata dei tassi di interesse internazionali, benché limitata nel tempo, sembra sconsigliare, almeno per il  momento, di percorrere in modo così cospicuo la strada di nuove emissioni obbligazionarie.

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