78^Mostra del Cinema: grande successo per la proiezione di “Per grazia ricevuta”

Ieri, 31 agosto, è partita la 78esime edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Alle 18:30 è stato proiettato “La Biennale di Venezia: il cinema al tempo del Covid“.

Il film, diretto da Andrea Segre, è un diario filmato, prodotto dalla Biennale di Venezia con Rai Cinema e Istituto Luce Cinecittà; il docufilm è un ‘dietro le quinte’ dell’edizione 2020 della Mostra del Cinema. Edizione svoltasi con le limitazioni imposte dai protocolli di sicurezza dovuti alla pandemia da Covid-19.

Andrea Serge ha dichiarato: “L’anno scorso La Biennale mi ha chiesto di documentare un’edizione forse unica, forse storica, ancora la domanda è aperta, della Mostra del Cinema di Venezia, quella organizzata nel cuore di una pandemia globale. Ero impegnato in un altro lavoro e avevo pochi giorni a disposizione, ma la sfida era bella e l’ho accettata. Ne è nato un piccolo diario filmato. Non posso chiamarlo film: sono appunti in presa diretta di un pezzo inatteso della storia della Mostra e del cinema; sono semplicemente uomini e donne incontrate nel cuore della Mostra, che riflettono su quanto stanno e stiamo vivendo.

Subito dopo in serata, nella Sala Darsena, è stato proiettato per Venezia classici “Per grazia ricevuta“. Il film del 1971 diretto e interpretato da Nino Manfredi, è la storia di un un qualificato chirurgo che viene chiamato in un piccolo ospedale privato per operare un uomo in gravi condizioni a causa di un tentativo di suicidio; il suo nome è Benedetto Parisi (Nino Manfredi). In sala d’attesa si trova la compagna Giovanna Micheli (Delia Boccardo), incinta di lui, che dà il consenso alla rischiosa operazione. E’ presente anche sua madre, Immacolata (Paola Borboni), che si augura la morte dell’uomo, desiderando dare Giovanna in sposa a un avvocato amico di famiglia che lei ritiene più degno, per i sentimenti religiosi che invece Benedetto non ha più.

La narrazione si intreccia con i primi anni di vita di Benedetto, ragazzino vivace e sfrontato che vive in un paesino agricolo dell’Alta Terra di Lavoro. Benedetto è orfano: di lui si occupa una zia nubile, che lo rimprovera, lo riempie di scrupoli religiosi e medita di sbarazzarsene affidandolo a un orfanotrofio.

Di notte il ragazzo non riesce a dormire perché ha paura di certi rumori; la zia gli dice che sono rimorsi per le sue cattiverie, invece li causa lei stessa ricevendo uomini . Anche gli amici di Benedetto sono pervasi dagli scrupoli, temono di essere in peccato mortale per aver guardato, nascosti nei campi, sotto le gonne delle contadine intente alla raccolta. Mentre si appresta a ricevere la prima comunione, Benedetto riceve dal curato don Quirino (Pino Patti) l’effigie di sant’Eusebio, martirizzato sul rogo.

Come ha confermato lo stesso Nino Manfredi, in questo film c’è un riferimento autobiografico alla sua infanzia, in cui fu affetto dalla tubercolosi. Da questo avvenimento era nato in lui il dubbio: “Si est Deus unde malum?” (“Se c’è Dio da dove proviene il male?”). È questo il tema che Benedetto discute quella notte con il farmacista; quest’ultimo raccoglie articoli di giornale dove vengono descritti incredibili episodi tragici e talora ridicoli avvenimenti che colpiscono dolorosamente una umanità incolpevole.

Il film, proiettato alla 78esima edizione della Mostra del Cinema, ha ricevuto il Premio per la migliore opera prima al Festival di Cannes del 1971, un David speciale a Nino Manfredi ai David di Donatello sempre nello stesso anno e due premi, Miglior sceneggiatura e Miglior soggetto, ai Nastri d’Argento nel 1972.

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