Non è ancora chiaro il “verde” del mercato azionario mondiale

Da una ricerca curata da Pictet Asset Management  si ha la conferma che lo scorso anno è stato registrato il record di emissioni obbligazionarie  con destinazione delle risorse raccolte, legate a progetti di investimento rispondenti ai criteri ESG – Environmental, Social e Governance. Infatti, con 11mila miliardi di dollari statunitensi, riferiti ai primi 9 mesi dello scorso anno, si è già superato il livello complessivo del 2020. Una percentuale significativa di queste nuove emissioni (55%) è attribuibile al segmento dei “titoli verdi”, il cui mercato complessivo a livello mondiale, comunque, continua a rappresentare una frazione modesta (1%).

Sicuramente, le cifre appena ricordate mostrano con l’evidenza delle statistiche quanto è ancora lungo il percorso per assicurare un finanziamento obbligazionario adeguato ad un’economia mondiale, proiettata verso traguardi di basse emissioni di carbonio. Un percorso, iniziato su scala internazionale, poco meno di 15 anni fa, con un’ emissione della Banca Europea per gli Investimenti; in Italia, invece, dopo la prima “obbligazione verde” lanciata nel 2014 con un titolo della multiutility Hera, va ricordato che anche il Tesoro ha emesso, proprio lo scorso anno, il primo Buono del Tesoro Poliennale con scadenza aprile 2045, un titolo, che continua a registrare un forte intesse degli investitori con scambi di una certa consistenza a Piazza Affari.

Sempre dallo stesso documento della Pictet Asset Management emerge che i rendimenti dei “titoli verdi” sono mediamente inferiori a quelli degli altri titoli e risultano generalmente caratterizzati da un più contenuto livello di liquidità. Questo secondo aspetto è molto probabilmente dovuto al fatto che i loro principali sottoscrittori sono investitori istituzionali, compagnie assicurative, fondi assicurativi e fondi pensione, che per le loro caratteristiche orientate a investimenti di lungo termine preferiscono generalmente portare a scadenza questi titoli. In questo modo, certamente, non viene favorito lo sviluppo di un loro mercato secondario, penalizzando conseguentemente il loro grado  di liquidità.

Quanto al peso ancora molto limitato dei “titoli verdi” sul mercato finanziario globale, cui prima si accennava, per evitare un’ulteriore divaricazione tra le esigenze crescenti di un relativamente rapido passaggio a un mondo più sostenibile e il limitato ammontare dei mezzi finanziari raccolti sul mercato e destinati a questo obiettivo, rimane fondamentale lo snodo della fissazione e  dell’emanazione di  regole condivise e armonizzate su scala internazionale in tema di requisiti ESG.

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