Pregliasco: influenza e Covid, possibile picco in autunno

I dati epidemiologici di influenza, che stanno emergendo nell’emisfero Sud del pianeta,  attestano che, con la riduzione dei provvedimenti di distanziamento e dell’uso delle mascherine,  l’influenza si sta riaffacciando in maniera prepotente.

In questi giorni il Sistema di Sorveglianza australiano sta rilevando un andamento di crescita della curva epidemica estremamente accelerato e in anticipo rispetto al normale andamento.  Anche in Argentina sembra esserci la medesima situazione e si tratta di virus tutti di tipo A, con una certa predominanza di A3N2.

Tutto questo fa supporre che, mentre nelle ultime due stagioni grazie alle misure anticovid e soprattutto all’uso massivo delle mascherine l’epidemia dell’influenza è stata soppiantata quasi interamente e la circolazione dei virus influenzali è stata abbastanza contenuta, il prossimo anno l’influenza possa tornare ad essere un problema e si possa assistere a una bella competizione in cui Covid-19 e influenza potrebbero diventare entrambi il principale virus respiratorio invernale.

Quello che oggi si sta verificando nell’emisfero Sud potrebbe essere un indicatore di quello che succederà anche da noi nel prossimo autunno/inverno e, in un contesto di generale sottostima del potenziale andamento dell’epidemia influenzale nella prossima stagione, questi dati dovrebbero preallertarci in modo da non arrivare impreparati”- afferma il Prof. Fabrizio Pregliasco, Direttore scientifico di Osservatorio Influenza, Professore Associato di igiene generale ed applicata presso la sezione di Virologia del Dipartimento di scienze biomediche per la salute dell’università degli studi di Milano e Direttore Sanitario dell’I.R.C.C.S. Istituto Ortopedico Galeazzi.

Ecco perché si consiglia fortemente di vaccinarsi contro l’influenza già all’inizio di questo autunno per evitare, soprattutto nelle persone fragili, complicazioni polmonari anche gravi dovute all’influenza o ancora una volta  ad una sovrapposizione con il Covid-19 che già in questi giorni anche in Italia  sta rialzando la testa, soprattutto a causa delle nuove sotto-varianti di Omicron caratterizzate da una elevata trasmissibilità e del progressivo ritorno alla “normalità”, e che in autunno molto probabilmente darà vita a una nuova ondata.

L’ideale è vaccinarsi quanto prima perché la protezione anticorpale, per essere efficace, necessita di circa 2 settimane dal momento della somministrazione.

L’anno scorso non c’è stata una grande adesione alla campagna di vaccinazione antinfluenzale, soprattutto tra i giovani, e la “co-somministrazione” in Italia, rispetto ad altri Paesi, possiamo dire che ha fallito: in molti si sono rifiutati di farla, nonostante gli studi pubblicati e le raccomandazioni del Ministero, e hanno preferito vaccinarsi solo contro il Covid. E anche quest’anno, non ci sono dati ufficiali ma tutti gli indicatori sembrano andare verso un abbassamento dell’attenzione sul tema dell’influenza col pericolo che le Regioni nel programmare le vaccinazioni della prossima stagione si basino sui quantitativi utilizzati lo scorso anno, rischiando che nella prossima stagione influenzale, che si prevede severa, ci possa essere una carenza di vaccini” prosegue il Professore Pregliasco.

La vaccinazione, come per molte altre malattie infettive, rimane senza dubbio la forma più efficace di prevenzione dell’influenza. La vaccinazione contro l’influenza è necessaria per proteggere le persone dalle complicanze della malattia che, nei soggetti più a rischio, si accompagnano a un aumento del numero di ricoveri e delle morti. La protezione che il vaccino conferisce abbatte infatti il rischio di contrarre forme gravi e la necessità di ricovero in ospedale.

Il vaccino antinfluenzale è raccomandato per tutti i soggetti a partire dai 6 mesi di età che non hanno riconosciute controindicazioni ed è fortemente indicata per chi ha più di 60 anni di età, per gli operatori sanitari e per chi è particolarmente a rischio come le persone con patologie che riducono la risposta immunitaria ed i portatori di patologie che aumentano il rischio di complicanze.

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