Il riversamento dell’acqua contaminata contenuta negli oltre mille serbatoi presenti sul sito della centrale di Fukushima è iniziato fs questa mattina alle ore 13 ora locale, le 6:00 in Italia e pertanto, dopo il disastro nucleare del 2011, ogni giorno verranno contaminate dalle radiazioni altre 130 tonnellate di acqua marina.
L’evento, che potrebbe avere conseguenze catastrofiche, sembra avvenire nell’indifferenza da parte della comunità internazionale e purtroppo anche da parte di un certo disinteresse da parte dei principali media mondiali.
La conferma dello sversamento proviene direttamente dal gestore dell’impianto, la Tokyo Electric Power, che ha comunicato che il piano annunciato a inizio settimana, sostenuto dal governo e approvato dalla Agenzia nazionale dell’energia atomica (AIEA), nonostante le proteste dei paesi vicini, in primis la Cina, e le associazioni degli ambientalisti.
Le proteste da parte dei paesi vicini in generale di tutte le associazioni ambientaliste, nasce alla consapevolezza scientificamente provata che gli isotopi radioattivi nelle acque marine possono essere trasportati dalle correnti, accumularsi sul fitoplancton e nell’organismo degli animali che se ne nutrono e dei loro predatori e legarsi alle microplastiche presenti in mare. La principale corrente che costeggia il Giappone è la Kuroshio, anche soprannominata “corrente nera”.
L’alternativa al rilascio sarebbe continuare a stoccare il trizio nell’area dell’impianto o in altri siti appositi per almeno 100 anni, il periodo di decadimento di questo isotopo. Secondo molti esperti ed osservatori non è però un’ipotesi percorribile: «Non è realistico stoccare l’acqua per un periodo così lungo, perché i volumi sono troppo grandi. Lo stoccaggio prolungato aumenta anche il rischio di un rilascio accidentale e incontrollato» scrive per esempio The Conversation.
I reattori fusi della centrale di Fukushima producono 64 elementi radioattivi, noti anche come radionuclidi o radioisotopi. «I più preoccupanti — spiega il sito The Conversation — sono quelli che potrebbero costituire una minaccia per la salute umana: carbonio-14, iodio-131, cesio-137, stronzio-90, cobalto-60 e idrogeno-3, noto anche come trizio.
Alcuni di questi radionuclidi hanno un’emivita (cioè un tempo di decadimento) breve e sono già decaduti nei 12 anni trascorsi dal disastro. Ma altri impiegano più tempo per decadere; il carbonio-14, ad esempio, ha un tempo di dimezzamento di oltre 5.000 anni.
La scelta dello sversamento in mare che durerà circa trent’anni, secondo l’AIEA, se condotto come previsto, avrà un impatto trascurabile sull’ambiente e sulla salute umana, mentre ha provocato le proteste della Cina, che ha convocato l’ambasciatore giapponese, e di diverse nazioni del Pacifico.
La Corea del Sud, inizialmente fortemente contraria, ha dichiarato che non riscontra «problemi scientifici o tecnici» per il rilascio ma che chiederà a Tokyo di fermare immediatamente l’operazione se nelle acque verranno rilevate concentrazioni di materiale radioattivo superiori agli standard internazionali.
Per molti scienziati il rilascio programmato, per quanto senza precedenti in questa dimensione, è l’opzione più sicura.