21 febbraio 2020: sono passati 366 giorni. Ma sembrano anni

Credo che molti di noi si ricordano perfettamente cosa stavano facendo o dove si trovavano il 21 febbraio 2020 quando  l‘Istituto Superiore di Sanità confermava ufficialmente il caso di Codogno e del “Paziente 1“.

“‘Un 38enne italiano è risultato positivo al test del Coronavirus. Sono in corso le controanalisi a cura dell’Istituto Superiore di Sanità. L’uomo è ricoverato in Terapia Intensiva all’Ospedale di Codogno i cui accessi al Pronto Soccorso e le cui attività programmate, a livello cautelativo, sono attualmente interrotte. Le persone che sono state a contatto con il paziente sono in fase di individuazione e sottoposte a controlli specifici e alle misure necessarie“.

 Si era inconsapevolmente di fronte ad una crisi sanitaria che stava per esplodere, che aveva inziato a travolgere per  prima la Lombardia, poi l’Italia e tutto questo 20 giorni prima che l’OMS dichiarasse ufficialmente la pandemia. Da quel 21 febbraio, in poco tempo, l’Italia diventa il Paese europeo più colpito dal virus e la nostra vita comincia a cambiare.

Il Governo mette in atto le prime misure cautelative: chiude scuole e università. Un provvedimento destinato a trasformarsi qualche giorno dopo in un Decreto che vieta gli spostamenti su tutto il territorio e il blocco totale del Paese: arriva il lockdown. L’Europa ha gli occhi puntati sulla nostra bella Italia che diventa il Paese da cui difendersi; il Paese da evitare come la morte. 

Dalla notizia del “38enne di Codogno, Mattia Maestri”  in poche ore i casi registrati a Codogno diventano 14. Ed è subito caos. Quante persone ognuno di loro ha incontrato? E quelli che hanno incontrato quante persone hanno incontrato a loro volta? In breve è il panico!  Alle 22:45, sempre di quel 21 febbraio 2020, Adriano Trevisan di 78 anni, è la prima vittima del Coronavirus in Italia.

366 giorni: numeri importanti: 2.795.796 i contagiati; 95.486 i morti.

Nella  riunione mattutina il  Comitato Tecnico Scientifico, istituito ad hoc dal Governo di Giuseppe Conte,  ha approfondito le segnalazioni di nuovi casi di  Covid-19 e il giovane e da poco eletto Ministro della Salute, Roberto Speranza, ha provveduto ad emanare una nuova ordinanza. Prevede misure di isolamento quarantenario obbligatorio per i contatti stretti con un caso risultato positivo. Dispone la sorveglianza attiva con permanenza domiciliare fiduciaria per chi è stato nelle aree a rischio negli ultimi 14 giorni con obbligo di segnalazione da parte del soggetto interessato alle Autorità Sanitarie Locali. 

Data di pubblicazione: 21 febbraio 2020 , ultimo aggiornamento 21 febbraio 2020” 

Così il Ministero della Salute ha comunicato all’Italia intera le nuove misure di quarantena obbligatoria e sorveglianza attiva. 

La seconda data che per sempre rimarrà impressa nella nostra memoria è quella del 18 marzo 2020, quando a Bergamo arrivano i mezzi dell’Esercito per trasportare le bare delle persone morte a causa del virus, dal cimitero monumentale ai forni crematori di altre città. Bergamo, in quei giorni sarà la provincia con il maggior numero di contagi da coronavirus in tutta Italia.

Il 21 febbraio 2020 sarà l’inizio del silenzio. Da quel momento le città si fermano; nelle strade dominerà il silenzio. Musei, cinema e teatri chiuderanno le loro porte; i supermercati verranno presi d’assalto per paura di rimanere senza cibo; i ristoranti non potranno accogliere i loro clienti; le pizzerie non sforneranno più le loro prelibatezze. L’Italia è in ginocchio. E come dimenticare gli “sciacalli” che faranno man bassa di mascherine e gel igienizzanti per rivenderli sul web a prezzi inimmaginabili. 

 

 

21 febbraio 2021: un anno è passato e stiamo cercando ancora di rialzarci.

Finalmente sono arrivati i vaccini, ma non sono abbastanza!

I virologi ancora impazzano nei programmi TV e come un anno fà hanno le idee confuse, idee contrastanti. Gli italiani sono passati dall’avere paura a non avere più pazienza. Gli italiani chiedono libertà, chiedono di tornare alla vita di tutti i giorni come prima di quel 21 febbraio 2020. Ed  ha poca importanza se per tornare ad una semi normalità si debba non rispettare le ordinanze, i divieti e le limitazioni.

Gli italiani vogliono tornare a vivere, anche a discapito degli altri.

Siamo passati da “uniti ce la faremo” a “Mors tua vita mea“.

Ma se non continuiamo a lottare insieme, quel 21 febbraio 2020 non ci lascerà mai. E non ci lascerà mai la paura del virus e degli altri. Perchè in un mondo dove il coronavirus è il protagonista assoluto, le nostre vite e noi stessi continueranno ad essere delle comparse di un film.

Siamo inconsapevolmente protagonsti di un film che non riusciamo a interpretare perché intenti a voler impersonare ruoli che non ci competono e di cui non conosciamo le battute.

 

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