“È dal viscerale rifiuto della mafia che provai di fronte alle immagini della strage del ‘92 che nacque l’impegno politico che mi ha portato da semplice militante di un movimento giovanile alla presidenza del Consiglio dei Ministri”. Così la Premier Giorgia Meloni in una lettera al Corriere della Sera, nell’anniversario della Strage di via d’Amelio.
“Caro direttore, il 19 luglio di 31 anni fa la mafia ha ucciso il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta. Come ogni anno, sarò anche questa volta a Palermo per rendere omaggio alla loro memoria e rinnovare il mio impegno personale, e quello di tutto il Governo, contro le mafie. Presiederò il Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza per fare il punto sul lavoro svolto sull’attività di contrasto alle criminalità organizzata che le istituzioni, ad ogni livello, stanno portando avanti”.
Perché la Premier non sarà presente alla fiaccolata
Poi fa un passaggio sulla questione della sua partecipazione alla fiaccolata. “In questi giorni è stato detto un po’ di tutto sulla mia presenza a Palermo. C’è chi ha addirittura scritto che avrei disertato le commemorazioni perché ‘in crisi con il mito Borsellino’. È, ovviamente, falso. Così come è stucchevole il tentativo di alcuni di strumentalizzare la mia impossibilità — data da altri impegni concomitanti — di partecipare anche alla tradizionale fiaccolata di Palermo, organizzata da ‘Comunità ‘92’ e ‘Forum XIX Luglio’ e diventata nel tempo manifestazione apprezzata e partecipata. E alla quale ho sempre orgogliosamente preso parte”.
“Ricordo, come se fosse ieri, il profondo e viscerale rifiuto della mafia che, da ragazza, provai di fronte alle immagini della strage di via D’Amelio. Da quel rifiuto nacque il lungo, convinto, impegno politico che mi ha portato fin qui, da semplice militante di un movimento giovanile alla presidenza del Consiglio dei ministri. Per questo, non posso che essere profondamente orgogliosa del fatto che il Governo che oggi presiedo abbia avuto, dal suo primo giorno, la determinazione e il coraggio necessario ad affrontare il cancro mafioso a testa alta. Sono i fatti a dimostrarlo. Abbiamo messo in sicurezza presidi fondamentali come la restrizione dei benefici penitenziari, e se oggi boss mafiosi del calibro di Matteo Messina Denaro sono detenuti in regime di 41 bis lo si deve esattamente a questo impegno. Abbiamo sbloccato le assunzioni nelle forze dell’ordine, ci siamo schierati al fianco dei magistrati e di chi ogni giorno sul territorio conduce la battaglia contro la mafia, stiamo lavorando ad un provvedimento che dia un’interpretazione autentica di cosa si debba intendere per «reati di criminalità organizzata» e che scongiuri il rischio che gravi reati rimangano impuniti per effetto di una recente sentenza della Corte di Cassazione”, aggiunge
“C’è ancora molto da fare”
E chiude: “C’è ancora molto da fare, ma il nostro impegno non si esaurirà mai. Semplicemente perché la lotta alla mafia è parte di noi, è un pezzo fondante della nostra identità, è la questione morale che orienta la nostra azione quotidiana. Lo dobbiamo a Paolo Borsellino, ed a tutti coloro che hanno sacrificato la vita per la giustizia e hanno reso onore all’Italia.