Roma, 9 dic. – (Adnkronos) – Un segnale positivo, in un contesto di fragilità economica, arriva nel 2020 dalle start-up innovative, che dal 2013 hanno registrato una crescita di 12 volte raggiungendo quota 12.014 (+10% nell’ultimo anno). In particolare, salgono a 267 le start-up innovative a vocazione sociale (Siavs), ovvero le aziende che offrono soluzioni alle esigenze più impellenti del terzo settore coprendo ambiti che vanno dalla healthcare all’education, dal wellness fino alla digital transformation: caratterizzate da una più marcata presenza femminile, di giovani under 35 e di personale altamente qualificato, le Siavs sono cresciute di 19 volte dal 2013 ad oggi.
Soprattutto, hanno segnato un +19% nell’ultimo anno, sottolineando la necessità di soluzioni innovative che possano contribuire al superamento delle criticità sociali legate all’emergenza Covid-19. Un andamento positivo che viene confermato anche dal Tasso Annuo di Crescita Composto (Cagr) secondo il quale tra il 2013 e il 2020 le start-up innovative sono cresciute del 42%, mentre le Siavs del 52%.
È quanto sottolinea Cross Border Growth Capital, advisor leader in Italia per aumenti di capitale e operazioni di finanza straordinaria per start-up e Pmi, che ha analizzato i dati più recenti (aggiornati al terzo trimestre 2020 e rilasciati dal Ministero dello Sviluppo Economico) per mostrare il trend storico delle start-up innovative in Italia ed individuarne le caratteristiche principali.
Secondo l’analisi, il 60% delle start-up innovative si concentra in 5 regioni: Lombardia (28%), Lazio (12%), Veneto (8%), Emilia Romagna (8%) e Piemonte (5%). Oltre 3 start-up innovative su 10 sono basate a Milano, Roma e Torino, andamento dovuto probabilmente alla maggiore concentrazione di incubatori e acceleratori pubblici e privati. A livello di macro-settori di attività, i preferiti dalle startup-innovative sono Servizi (77%) e Industria e Artigianato (17%), andamento che si rispecchia anche nel sottogruppo delle startup-innovative a vocazione sociale: qui emerge un’alta concentrazione nel settore dei servizi (85%) mentre l’interesse per Industria e Artigianato diminuisce (9%).
Tra le attività più frequenti per le start-up innovative emergono Produzione Software (36%) e Ricerca Scientifica e Sviluppo (14%), seguiti da un 9% impegnato in Servizi d’informazione e Altri Servizi, mentre per il resto emerge una divisione frammentata ma caratterizzata da attività ad alta componente di specializzazione tecnica e know-how intangibile. La popolazione delle start-up innovative a vocazione sociale invece oltre a Produzione Software (17%) e Ricerca Scientifica e Sviluppo (14%) è più concentrata in settori specifici quali istruzione (10%), assistenza sociale (8%) e sanitaria (3%).
Secondo Cross Border Growth Capital, nel complesso le start-up innovative italiane mostrano ancora alcune difficoltà nel raggiungere una dimensione sostenibile. Quattro società su cinque impiegano infatti meno di 4 dipendenti (l’84% delle Siavs, a fronte dell’80% delle start-up innovative), mentre 2 società su 3 (il 66% delle Siavs contro il 61% delle start-up innovative) fatturano meno di 100mila euro. Inoltre, il 10,6% delle Startup Innovative fattura più di 500mila euro, contro solo il 4,9% delle Startup Innovative a Vocazione Sociale.
In particolare, l’analisi ha messo in evidenza come, nel secondo trimestre 2020, il fatturato medio di tutta la popolazione di start-up innovative fosse di 162.647 euro, a fronte di un valore mediano di 32.380 euro. Il che – sottolinea Cross Border Growth Capital – indica come siano poche le società grandi e solide. Tuttavia, si tratta comunque di cifre in costante crescita: nel secondo trimestre del 2019 il valore del fatturato medio era di 147.504 euro e la mediana di 27.635 euro; nel 2018 si parlava di 143.558 euro e di 29.713 euro mentre nel 2017 di 114.893 euro e di 21.948 euro.
Guardando ai team, le start-up innovative a vocazione sociale si contraddistinguono per un tasso maggiore di personale altamente qualificato (il 31% contro il 26% delle start-up innovative). Dall’analisi risulta inoltre come la forza lavoro delle Siavs conti più ‘quote rosa’: il 7% ha una presenza femminile esclusiva (rispetto al 3% dell’intera popolazione di start-up innovative), il 12% forte e il 4% maggioritaria. Percentuali che, secondo lo studio, si riflettono anche sulla presenza giovanile: il 10% delle Siavs vanta una presenza giovanile (under 35) esclusiva.
In generale, nel panorama delle start-up innovative italiane il commercio si rivela il settore più ‘giovane’ con una concentrazione esclusiva di under 35 nel 13% dei casi. All’opposto, in settori quali agricoltura, pesca, industria, e artigianato il personale è meno giovane, probabilmente a causa dell’importante componente di tradizionalità di processi e modelli di business.
“Un trend di crescita, specie nel settore socialmente strategico delle Siavs, che fa scorgere un futuro sempre più luminoso per le startup innovative italiane, dove l’imprenditoria giovane, e al femminile, gioca un ruolo fondamentale”, commenta Fabio Mondini de Focatiis, founder di Cross Border Growth Capital.