L’Italia è stata eliminata dai Campionati del Mondo di calcio in Qatar, ma, per certi versi, dovrebbe paradossalmente esserne orgogliosa per non essere riuscita a prendervi parte. Non di certo per la pessima figura e la pesante delusione dovute all’eliminazione durante le gare di qualificazione, quanto piuttosto per non essere stata qualificata ad aderire all’indegna scelta da parte della FIFA di far svolgere una competizione sportiva internazionale in un paese che è notoriamente l’emblema della negazione dei diritti umani.
E come se non bastasse la RAI, che ancora oggi è la televisione del servizio pubblico, ha pagato oltre 200 milioni di euro per poter trasmettere in Italia un Mondiale che ai tifosi italiani penso interessi davvero molto poco. Certo, qualcuno dirà che i dirigenti della RAI pensavano o speravano che l’Italia fosse una delle protagoniste del Mondiale, allorché la TV pubblica italiana chiuse l’accordo per l’acquisto dei diritti sportivi.
Oggi partecipare a quella competizione e aver speso anche dei soldi per poter far vedere agli italiani i vari incontri, vuol dire avallare una scelta scellerata di far svolgere una competizione sportiva così importante a livello internazionale in uno Stato che, ripeto, è in testa ai Paesi in cui vengono reiteratamente negati i diritti umani.
Eppure si comincia a breve e si comincia arrecando oltretutto un danno al Campionato di calcio italiano, che dovrà fermarsi per tutta la durata dei Mondiali di calcio sino a dicembre, con grande disappunto ovviamente da parte di tutti i tifosi italiani.
Si comincia nel silenzio più assoluto perché si parla della grande organizzazione messa in piedi da uno degli stati più ricchi al mondo come il Qatar e si tace sul regime di terrore che i qatarini vivono se non si adeguano e rispettano le regole di una cultura islamica tra le più fanatiche e integraliste.
Ma qualcuno non c’è l’ha fatta a far finta di niente e ha esternato il proprio legittimo e condivisibile disappunto: lo showman Rosario Fiorello, nel silenzio generale, ha preso una posizione forte e non certo comoda sullo scempio dei Mondiali di calcio in Qatar.
“Si dovrebbero ritirare tutti da questo Mondiale. Noi abbiamo bloccato il nostro campionato per dare spazio ai Mondiali in Qatar, un Paese dove tutti gli abitanti sul loro zerbino hanno scritto ‘diritti umani’. Li calpestano ogni giorno”.
“Avete sentito – precisa Fiorello – cosa hanno detto degli omosessuali? Tutti i tifosi e gli articoli addetti ai lavori saranno chiusi in una Fan Zone, in uno spazio ristretto, e se poi escono da lì saranno arrestati. E noi chiudiamo il campionato per tutto questo? E la Rai – conclude – ha speso 200 milioni per prendere i diritti di questi Mondiali?”.
Come non condividere il suo punto di vista?
Ma Fiorello è senz’altro più conosciuto e di maggiore impatto mediatico, ma altri esponenti di Organismi internazionali hanno da tempo denunciato lo scempio che il Qatar ha messo in piedi per organizzare il Mondiale.
Riccardo Noury, Portavoce di Amnesty International in Italia, ha da tempo cercato di fare luce su ciò che è in realtà Qatar 2022. Nel Paese c’è la condizione precaria di oltre due milioni di lavoratori migranti da Asia e Africa, che costituiscono il 90% della forza lavoro dell’Emirato e c’è la questione relativa alla violazione dei diritti imani, negati non solo ai lavoratori, ma anche alle minoranze nel Paese, alle donne, alla comunità LGBTQ+, senza tralasciare il devastante impatto ambientale relativo alla costruzione degli stadi e al loro funzionamento.
Come scrisse nel suo libro il blogger Valerio Moccia, più che della Coppa del Mondo di Calcio, in Qatar si giocherà la “Coppa del morto”.
Ma non basta, perché anche il quotidiano inglese The Guardian Guardian, oltre a rivelare gli oltre 6.500 morti tra i lavoratori migranti in Qatar negli ultimi 10 anni, lo scorso marzo ha dato conto delle condizioni in cui lavorano e vivono gli addetti alla manutenzione degli stadi dei Mondiali. Turni di oltre 12 ore, a prescindere dalle alte temperature, impossibilità di assentarsi, e cabine di pochi metri quadri come abitazioni, in cui i lavoratori vivono in cinque o sei, senza possibilità di scelta perché di fatto “di proprietà” dei loro capi.
Dunque essere stati eliminati non fa bene alla Nazionale italiana e ai suoi milioni di tifosi, ma, come uomini, ci sottrae dalla responsabilità di dover prendere parte ad una competizione che in quel Paese non rispecchia i valori fondanti dello Sport.