Roma, 13 feb. (Adnkronos Salute) – Come ogni anno, il 13 febbraio, Giornata internazionale dell’epilessia, in tutto il mondo vengono organizzate iniziative volte a far conoscere questa malattia e combattere lo stigma che la accompagna. Tra queste – spiega in una nota Neuromed – spiccano l’illuminazione di viola dei monumenti più rappresentativi delle varie città, come la Reggia Vanvitelliana di Caserta, e l’incontro virtuale, il 16 febbraio, tra Alfredo D’Aniello, neuropsichiatra infantile al Centro Epilessia Irccs Neuromed di Pozzilli (Is) e consigliere della macro area Campania-Molise della Lega italiana contro l’epilessia (Lice), e i docenti di alcuni Istituti di Roma e Milano nell’ambito dell’iniziativa ‘A scuola di epilessia’ promossa dall’Associazione italiana epilessia.
“Si tratta di una iniziativa volta ad aumentare le conoscenze sull’epilessia e le sue manifestazioni cliniche – afferma D’Aniello – combattere lo stigma e i pregiudizi che ancora si accompagnano ad essa, affrontare argomenti importanti come le modalità di apprendimento dei bambini con epilessia nonché la gestione del tempo libero e delle attività sportive e, infine, offrire ai docenti e al tutto il personale scolastico informazioni sulle corrette modalità di gestione e soccorso del bambino in corso di crisi epilettica e le modalità di somministrazione dei farmaci ‘di emergenza’ in corso di crisi”.
L’epilessia è una delle condizioni neurologiche croniche più frequenti. Si stima che in Italia ne soffrano circa 600mila persone, 6 milioni Europa e circa 50 milioni nel mondo. Si tratta di una condizione – spiega la nota – che nella maggior parte dei casi può essere curata con successo grazie alle terapie farmacologiche a disposizione, ma un terzo dei pazienti non risponde alle cure con risvolti importanti sulla qualità della vita. La non prevedibilità delle crisi epilettiche può infatti inficiare il contesto lavorativo, scolastico e affettivo. Se a questo si sommano l’accesso disomogeneo delle cure, che ancora si registra soprattutto nei Paesi a basso reddito, oltre allo stigma presente in tutti i Paesi, anche quelli occidentali, si capisce perché questa condizione sia ad alta pervasività.
“E’ per tali motivi – spiega il professor Giancarlo Di Gennaro, direttore dell’Uo Centro Epilessia dell’Irccs Neuromed e coordinatore del Gruppo di studio Epilessia della Sin (Società italiana di neurologia) – che l’Organizzazione mondiale della sanità, nel maggio del 2022, ha inserito l’epilessia, insieme ad altre condizioni neurologiche, al centro di un ambizioso Piano decennale di politiche nazionali e internazionali. Gli obiettivi strategici del piano Igap-10 (Piano d’azione globale decennale per l’epilessia ed altri disturbi neurologici) sono quelli di rendere la gestione di queste patologie prioritaria nelle politiche nazionali; fornire su larga scala tempestive diagnosi efficaci; poter attuare strategie di prevenzione; favorire la ricerca e l’innovazione in questi campi, rafforzare un approccio a queste condizioni che segue il modello della salute pubblica”.
Contro lo stigma – si legge nella nota – gli specialisti del Centro Neuromed contribuiscono con la loro opera a promuovere il più possibile una corretta informazione e formazione non solo alle famiglie che combattono quotidianamente questa condizione, ma anche all’interno della società stessa.
“Stigma è una parola la cui etimologia è greca e vuol dire macchia, pregiudizio, discredito che continua nel tempo – ricorda Liliana Grammaldo, neuropsicologa e psicoterapeuta del Centro Epilessia Neuromed – Parte da una nutrita fetta di popolazione nei confronti di un’altra, di una malattia o di un’etnia, con il risultato di impedirne l’avvicinamento. Lo stigma è qualcosa che separa. Da questo stigma sociale ne discende uno individuale. La persona con epilessia fa suo il concetto di valere meno. Questo accade perché l’identità non è biologica ma è un dono sociale. Se dal verificarsi della prima crisi non viene detto ad un bambino, ad una persona, che il suo valore prescinde dall’epilessia ma è ontologico, connaturato, quel bambino, quella persona fa specchio di ciò e accetta di essere di minor valore”.
L’epilessia esordisce, comunemente, con le crisi in età infantile. Sebbene molte forme vadano incontro a una risoluzione spontanea, il 30-40% di bambini continueranno a presentare crisi, talora farmacoresistenti, anche da adulti. Nel mondo si stima che, ogni anno, circa un milione di bambini affetti da epilessia transita nell’età adulta.
“La transizione – sottolinea D’Aniello – è un processo che riguarda non solo quei bambini e adolescenti che continuano a presentare crisi in età adulta ma anche quei ragazzi che pur avendo crisi ben controllate presentano altre comorbidità neurologiche o psicopatologiche. Non esiste una età specifica per iniziare il processo di transizione ma la maggior parte degli esperti individua nella tarda infanzia, prima adolescenza l’età in cui intraprendere questo percorso. Si tratta di un processo lento, che mette al centro l’adolescente e la sua famiglia e che necessita di figure specializzate come neuropsichiatra infantile, neurologo e psicologo che operino in équipe multidisciplinare e che possano avvalersi anche dell’aiuto di altre figure professionali come, ad esempio, il ginecologo o lo psichiatra”.