Gli effetti sulla Bce delle dimissioni del “capo dei falchi monetari”

Dopo le dimissioni a sorpresa Jens Weidmann, la Presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde,  non ha neanche osato pronunciare la parola ‘tapering’, limitandosi a dire che la Bce ricalibrerà gli acquisti di asset che effettua con il PEPP. La Bce è tornata sotto i riflettori per l’annuncio delle dimissioni a sorpresa arrivato da Jens Weidmann, numero uno della Bundesbank – la banca centrale tedesca – ed esponente falco del Consiglio Direttivo della Bce.

Siti, quotidiani e settimanali di finanza sono tutti concentrati da giorni sulla decisione di Weidmann, di cui si continua a parlare sia perchè, con la sua impostazione hawkish, ha fatto la storia della banca centrale, sia perché, nella sua lettera di addio, il banchiere ha lanciato un avvertimento sull’accelerazione dell’inflazione in Eurozona.

Il Financial Times scrive che Weidmann “ha ricoperto per 10 anni il ruolo della voce dissidente più di spicco del Consiglio direttivo della Bce in modo ammirevole”, e cita l’allora Presidente della Bce e attuale Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Mario Draghi, che lo definì come “Nein Zu Allem“, ovvero come il signore “no a tutto“.

Per dieci anni Weidmann ha rappresentato una spina nel fianco per i paesi mediterranei dell’Eurozona. Quelli con un elevato debito pubblico, per intenderci. Ogni volta che il presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi annunciava misure di politica monetaria a sostegno degli Stati membri, c’era lui a difendere le ragioni del Nord, dei paesi al di là delle Alpi (visti da casa nostra).

Weidmann ha rappresentato , secondo il quotidiano britannico, la massima espressione dei falchi monetari  secondo cui le politiche straordinarie della Bce avrebbero fatto salire l’inflazione danneggiando la disciplina dei mercati . E tuttavia, ricorda ancora l’FT, il suo no ha alla fine rappresentato sempre di meno la sua Germania, visto che Berlino, alla fine, ha dato la sua approvazione alle misure che l’area euro ha adottato per rispondere alle crisi finanziarie, ma anche alle politiche monetarie straordinarie adottate e alla creazione del Recovery Fund dell’UE”.

C”osì facendo, continua il FT, la Germania di Jens Weidmann ha dato il suo sostegno alla moneta unica europea e a tutte le politiche lanciate dalla Bce per proteggerla. Il risultato è che ora sono davvero pochi a dubitare del sostegno, da parte dell’economia più grande dell’Europa, a favore dell’euro e questo significa che il successore di Weidmann conterà molto meno per il futuro dell’Eurozona di quanto abbia contato in questi anni lui stesso”.

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