Spiega Greenpeace che la zona mediterranea è considerata dagli scienziati un hot spot climatico soprattutto per la permanenza di anticicloni africani che consentono un maggior soleggiamento e un maggiore riscaldamento delle temperature superficiali del mare, non a caso negli ultimi giorni abbiamo assistito a trombe d’aria e alluvioni in Calabria, Sicilia e Sardegna.
Diversi studi dimostrano un aumento graduale delle temperature nei mari italiani e questo fenomeno non solo provoca gravi impatti sulla biodiversità marina e contribuisce all’innalzamento del livello del mare, ma ha conseguenze su quanto accade in atmosfera, dove avvengono i fenomeni meteorologici.
Antonello Pasini, fisico del clima del Cnr che collabora con l’associazione ambientalista, dichiara: “Il mare trasferisce più calore all’atmosfera e quest’ultima non può far altro che scaricare violentemente questo surplus di energia sul territorio con piogge molto intense e venti forti. Ecco quindi che i fenomeni meteorologici possono diventare più violenti” e continua spiegando che: “Anche in Italia assistiamo al verificarsi di eventi sempre più violenti: abbiamo studiato un tornado che ha colpito Taranto nel novembre 2012, che ha causato un morto e 60 milioni di euro di danni. Con una temperatura della superficie del Mar Ionio di un solo grado in meno il tornado non si sarebbe formato, mentre con l’aumento di un grado ulteriore la sua violenza sarebbe cresciuta enormemente”.
La temperatura sulla Terra e sul mare è destinata ad aumentare ancora e ciò significa che anche gli impatti rischiano di aumentare, con fenomeni meteo più frequenti e sicuramente più violenti.
Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace, ha detto: “C’è uno scollamento evidente tra i dati scientifici e le richieste dei climatologi e l’azione, o spesso inazione, dei decisori politici. Nonostante i tanti esempi di impatti molto gravi del cambiamento climatico, sui territori, gli ecosistemi e l’uomo, le azioni di contrasto sono insufficienti. È necessario accelerare la transizione energetica che porti alla costruzione di una società “decarbonizzata”, mentre oggi il governo italiano dimostra di voler continuare a puntare ancora tanto, anzi troppo, sul gas fossile”.