“Un omaggio al vino, leggero e poetico, come una cena tra vecchi amici che si dilunga nella notte“. Promessa più che mantenuta per “In vino veritas” di Vinicio Marchioni, andato in scena lo scorso fine settimana al Teatro Mancinelli di Orvieto nell’ambito del cartellone “Chi è di scena?” diretto da Pino Strabioli. Questa frase, sulla nota in accompagnamento alla presentazione dello spettacolo, sintetizza alla perfezione l’atmosfera che si è respirata in teatro durante il reading, one-man show di circa un’ora di Marchioni, anche nelle due recite orvietane.
Punto di partenza: il vino. È stato ampiamente omaggiato attraverso un vero e proprio excursus dagli antichi Greci al saggio nonno di Marchioni, uomo di campagna e di poche parole, a cui l’attore ammette di dedicare tutto il lavoro, scritto a quattro mani con la moglie, Milena Mancini.
Leggero e poetico: ben altro che “Freddo”
“Leggero e poetico”, poi si legge. E si: lo è stato. Leggera anche la scena stessa, la mise en place e l’attitude da weekend dello stesso attore, noto ai più per il ruolo del Freddo nella serie “Romanzo criminale”. Leggero nel senso di bevibile e amabile, per restare in tema. E certo anche poetico, intenso e vibrante. Fra una storiella e l’altra, una citazione e un sorso di rosso, in attesa sul leggio, Marchioni assesta dal palco commenti e battute oltre il copione o poi un vero regalo con la lettura del Canto V, quello di Paolo e Francesca, dalla Divina Commedia di Dante: quando l’ebbrezza è l’amore, per dire. Poco prima di un altro pugno allo stomaco con “Sei bella” di Alda Merini.
Resta di questo spettacolo più di tutto, oltre ad un bagaglio di nozioni e citazioni interessanti, il piacere di un clima condiviso, davvero simile a quello di una “cena fra amici che si dilunga nella notte“. Il clima, la bellezza dell’ascolto, il piacere di vedere a lavoro un attore che incarna l’equilibrio anch’esso: grande struttura e grande piacevolezza, viaggiando sempre nell’enologia. Un Marchioni accogliente, simpatico (nel senso greco del termine), piacevole come il pasteggiare di un bicchiere oltre la cena.
E poi – sia permesso – resta il fatto che tutto questo (asfissia presunta da mascherina mai mossa a parte) si inserisce nella grande, grandissima, emozione del teatro a breve non più “distanziato”. Che ci è mancata. E non poco.