Nell’estate 2019 il Jova Beach Party finì al centro della bufera. Due le ragioni: i contratti di lavoro inesistenti – erano tutti volontari – e il possibile danno, per non dire disastro, ambientale che tale evento poteva avere per le spiagge italiane. Oggi nel 2022 il Jova Beach Party torna nell’occhio del ciclone. I motivi? Gli stessi.
Ma a differenza della prima volta, il cantante ha deciso di dire la sua. Lo sfogo è arrivato dopo la diffusione della notizia della sospensione dell’attività per quattro ditte coinvolte nel mega-evento, per la presenza di 17 lavoratori non in regola. In precedenza la Trident, la società che da sempre produce e organizza i live di Jovanotti, ha smentito il lavoro nero, parlando di “inadempienze formali” peraltro subito sanate.
In una diretta Instagram Jovanotti si è detto al quanto infastidito: “Sappiamo come funzionano certe notizie: un’agenzia che esce alle 19 è fatta apposta per non dare il tempo di replicare, è un modo per provare a farti male, una tecnica collaudatissima che si utilizza perché poi, il giorno dopo, quando i giornali sono usciti, la replica è una notizia data due volte. Per me il lavoro nero è una piaga enorme, una cosa molto seria, dal punto di vista personale del rispetto alle leggi e ho sempre lavorato con persone che la pensassero come me“.
Lo sfogo sui social: “non diffondete fuffa”
Lo sfogo è poi continuato in merito agli ambientalisti: “Il Jova Beach Party non mette un pericolo nessun ecosistema, non devastiamo niente, le spiagge non solo le ripuliamo, ma le portiamo a un livello migliore di come le troviamo. Il Jova Beach non è un progetto ‘greenwash’, parola che mi fa cagare così come mi fa schifo chi la pronuncia, perché è una parola finta, è un hashtag e gli hashtag sapete dove dovete metterveli. Il Jova Beach Party è un lavoro fatto bene: se pensate che non sia fatto bene venite a verificare, venite qua. Non diffondete fuffa”.
E prosegue: “Il mio pubblico è fantastico, ha una coscienza alta rispetto all’ambiente. Se voi, econazisti che non siete altro, volete continuare ad attrarre l’attenzione utilizzando la nostra forza, sono fatti vostri. Il nostro è un progetto fatto bene che tiene conto dell’ambiente, parla di obiettivi di sostenibilità e realizza quelli che è in grado di realizzare con gli strumenti messi a disposizione dalle leggi, dal buon senso, dalla volontà”.
La questione però rimane. Se per Jovanotti tutte le notizie degli ultimi giorni sono un attacco a lui e al suo mega evento, come mai gli stessi problemi di tre anni fa sono ancora sul piatto? Ricordiamo che sia nel 2019 che nel 2022 sono comparsi sui social quelli che sarebbero dovuti essere i compiti dei “volontari” e non tutti gestiti dalla Cooperativa Erica che come si legge nel sito della manifestazione ha il compito di selezionare i “ragazzi fortunati”. Alcuni vademecum erano molto specifici: “inizio alle ore 13 del giorno dell’evento e conclusione alle 24“. Ma sono comunque 10 ore di lavoro. La paga? Ticket per due panini, due bibite, magliettina dell’evento e cappellino. Ovviamente si assiste al concerto perché il lavoro si svolge dove è il conccerto.
Ma su questo punto si è anche pronunciata Marta Fana Dottoressa di ricerca in Economia allo IEP Sciences Po di Parigi. Ha dichiarato la Dottoressa Fana: “Verrebbe da fare ironia se non si trattasse di una situazione talmente seria da non poterci permettere alcun sarcasmo. Pare che in media il costo di produzione di ciascuna data si aggiri attorno al milione e mezzo di euro e facendo due calcoli, con una media di 50 mila spettatori al modico prezzo di 60 euro ciascuno, il fatturato di tre milioni. Profitto 1,5 milioni di euro a serata. Panino più bibita più maglietta e cappellino per chi invece lavora dalla mattina a notte inoltrata. Il caso del Jova Beach Party è emblematico. Sul lavoro gratuito, rinominato volontariato, oggi poggiano interi settori economici che fanno profitto, che hanno bisogno di lavoratori ma possono far leva sull’ immaginario del volontario sorridente per risparmiare sui costi e quindi fare più profitti“.
In merito alla questione ambientalista lascerei la parola alle immagini.
Ma suonare negli stadi è passato di moda? Chiedo per il futuro del nostro pianeta.