Quattro miliardi di fatturato annuo: tanto vale il mercato dell’acqua minerale in Italia.
Le fonti presenti sul nostro territorio, beni naturali e di pregio, fruttano alle multinazionali un giro d’affari da capogiro. L’acqua minerale, nel nostro Paese, rappresenta il 76,2% del consumo di tutte le bevande analcoliche, la percentuale più alta dell’Unione che riporta un valore medio pari al 45,8%. La spesa annua, per un nucleo familiare di 3 persone, è di circa 130 euro.
Tuttavia, secondo le stime fatte dal Ministero dell’Economia e delle Finanze sono nemmeno venti i milioni di euro a essere incassati dallo Stato ,tramite i canoni di concessione. Rispetto al valore totale del mercato, si tratta di un misero 0,5%.
Questo perché le aziende che hanno concessioni per imbottigliare l’acqua minerale possono contare su costi irrisori da corrispondere alle Regioni. Si parla di circa 2 millesimi di euro al litro, una cifra a dir poco esigua considerato che il prezzo di una bottiglia d’acqua acquistata al supermercato si aggira tra i 20 e i 30 centesimi al litro. E i guadagni salgono ulteriormente se si considera che nei bar e negli esercizi commerciali il costo di una bottiglietta d’acqua da mezzo litro è mediamente di 1 euro.
Il nostro Paese è al terzo posto per esportazione
La quota di esportazione complessiva costituisce quasi il 33% del fatturato (1,3 miliardi, contro i 2,5 miliardi del mercato domestico). Con numeri di questo genere, l’Italia costituisce il nono mercato al mondo e il terzo per l’esportazione, contando su prezzi dell’acqua al litro tra i più bassi che esistano. Sono i numeri che emergono da un rapporto stilato da Mediobanca, che aggrega i dati economici e finanziari del triennio 2017-2019 delle aziende nazionali che nel 2019 superavano il milione di euro di fatturato.
Buona parte del prezzo finale è certamente da imputare al costo delle bottiglie in PET, che in Italia costituiscono ancora l’82% del mercato. Le aziende stanno cercando di ridurre il peso delle bottigliette per abbattere costi e impatto ambientale, anche se la soluzione migliore sarebbe certamente un abbandono definitivo della plastica, una delle primarie cause di inquinamento degli ecosistemi.
L’Italia si colloca purtroppo ancora a parecchia distanza da Paesi come la Germania, dove il tasso di bottiglie avviate a riciclo è del 95% (contro il nostro 46%) ed esiste un sistema di vuoto a rendere da noi ancora assente. In altri Paesi europei, come la Danimarca, è inoltre obbligatorio l’uso delle bottiglie in vetro il quale, se combinato con il metodo del vuoto a rendere, può comportare importanti risparmi in termini di dispendio energetico e una significativa diminuzione dell’ impatto ambientale.