La Premier Giorgia Meloni ha parlato questa mattina alla Camera, con le comunicazioni in vista del prossimo Consiglio europeo. Immancabile l’analisi sul voto: “Il nuovo Parlamento che si insedierà a metà luglio è frutto delle indicazioni espresse nelle urne. Da quelle elezioni possiamo e dobbiamo trarre, alcune importanti indicazioni. La più importante delle quali, ancora prima del voto dei cittadini, l’hanno data i partiti che ne sono stati protagonisti.
Praticamente tutte le forze politiche, in questi mesi, hanno sostenuto la necessità di un cambiamento nelle politiche europee. Nessuno, tanto meno i partiti presenti in quest’Aula, si è presentato agli elettori dicendo che l’Europa andasse bene così com’era. Tutti hanno concordato su un punto: l’Europa deve intraprendere una direzione diversa da quella percorsa finora. Questo posizionamento è frutto anche di una consapevolezza, che poi è stata confermata con il voto dai cittadini. Il livello di attenzione e di gradimento tra i cittadini europei per le istituzioni comunitarie è sempre più basso.
Il gradimento è oggi intorno al 45%, un dato sensibilmente più basso di quello che si registrava qualche decennio fa. La disaffezione si è plasticamente materializzata anche con un astensionismo in costante crescita. Lo abbiamo visto in Italia, dove è andato a votare il 48,3% degli aventi diritto, con una diminuzione di oltre 6 punti rispetto alle europee del 2019. Il dato più basso di sempre e con una partecipazione che per la prima volta scivola sotto il 50%. Ma è un fenomeno che ha attraversato molte Nazioni in tutto il Continente, e che non può lasciarci indifferenti“.
La Presidente del Consiglio ha citato le percentuali ottenuti nei singoli Paesi UE dai partiti di governo: “16% in Francia, 32% in Germania, in Spagna il 34%. Solo in Italia il 53% degli eletti è espressione delle forze di Governo“.
Secondo la Meloni il dato sull’astensionismo non può lasciare indifferente il Parlamento. “A maggior ragione – continua la Premier – non può e non deve lasciare indifferenti le classi dirigenti europee, a partire da quelle che anche in questi giorni sembrano purtroppo tentate dal nascondere la polvere sotto il tappeto, dal continuare con vecchie e deludenti logiche come se nulla fosse accaduto, rifiutandosi i di cogliere i segnali chiari che giungono da chi ha votato e dai tanti che hanno deciso di non farlo.
La prima domanda alla quale siamo chiamati a rispondere, dunque, è cosa l’Unione Europea abbia fin qui sbagliato, e come sia possibile invertire questa tendenza. Dovremmo cioè avere l’onestà intellettuale di interrogarci, senza pregiudizi o posizioni preconcette, sulle criticità e sulle ragioni che hanno spinto una parte sempre più consistente dei cittadini europei a non riconoscersi adeguatamente nel processo di integrazione politica del nostro continente“.