Per Milano era una sfida non indifferente, la MiArt la prima fiera d’arte in presenza d’Italia dopo le chiusure. Ma l’aspettativa è stata più alta della realtà.
Un insieme di ansia, felicità e voglia di fare che però non è arrivata come doveva. Gli stand sono tanti, come tanti sono i costi. Per le gallerie in mostra nessuno sconto. I prezzi sono rimasti come quelli del 2019, ma la qualità delle opere è calata.
Pochi davvero quegli stand che ti fanno dire “lo compro” o almeno “ci penso perché è davvero bella”. Un insieme di fondo di magazzino e lavori trasportati da una mostra e l’altra. Poche opere inedite, poche opere da fiera. Come dire, grattare il fondo del barile è sempre rischioso. E al MiArt il fondo è stato raschiato a più non posso.
La prima sensazione che la pandemia abbia lasciato il segno arriva dalla distinzione tra il “reparto” arte moderna e quello di arte contemporanea. Il primo è visivamente triste, cupo e poco accattivante, mentre il secondo più vivo sicuramente, ma dove non trovi nulla di veramente stupefacente.