Negli ultimi anni sono stati frequenti gli spunti offerti dalle Considerazioni Finali del Governatore della Banca d’Italia in tema di innovazione tecnologica, applicata al mondo della finanza. Ma ieri, per la prima volta in modo sistematico, le riflessioni di Ignazio Visco si sono soffermate sul mondo delle criptoattività, un fenomeno, che, per la sua crescente diffusione, richiede in modo indifferibile un’adeguata regolamentazione, nella consapevolezza dei rischi a cui vengono esposti i singoli investitori e la stessa stabilità complessiva dei sistemi finanziari.
Preso atto che nel campo delle criptoattività non sono state ancora elaborate tassonomie condivise a livello internazionale e tratteggiate, comunque, le principali categorie di attività finanziarie che ricadono nel suo perimetro, da Via Nazionale viene, innanzitutto, apertamente espresso un parere favorevole sulla proposta della Commissione Europea MICAR – Markets in Crryptoassets Regulation.
Anche se, si sottolinea, nel disegno regolamentare di Bruxelles non mancano i nodi irrisolti. Uno per tutti: la possibilità che “gli utenti accedano ai mercati delle criptoattività senza il coinvolgimento di operatori regolamentati”. Ma la lista delle criticità da risolvere non può trascurare, secondo Visco, anche i rischi legati al ricorso a portafogli elettronici, che consentono lo scambio automatico di criptoattività senza l’intervento di fornitori di servizi, o la fruizione di servizi finanziari legati agli smart contracts, resi disponibili da operatori non sottoposti a controlli.
Da questo quadro di problematicità scaturisce il riaffermato impegno della nostra Banca Centrale, anche su scala internazionale, ad avviare una fase di sviluppo di queste attività finanziarie, accompagnata da una definizione di standard e prassi condivise con le altre Autorità di Vigilanza, all’insegna di un rafforzamento della trasparenza e dell’affidabilità di queste nuove forme dell’intermediazione finanziaria.
Un impegno, che si spende, inoltre, sul versante della diffusione di una maggiore consapevolezza dei tre livelli di rischio legati alle criptoattività. Il primo livello richiama la natura di questi strumenti finanziari che, anche nel caso di operatori chiaramente identificabili – il che non sempre avviene -, andrebbero, comunque, classificati nella categoria delle passività di enti privati con il connesso rischio di insolvenza. Un rischio, detto per inciso, che non si manifesta soltanto per il contante emesso dalla Banca Centrale Europea e che non toccherebbe l’eventuale euro digitale, su cui sono in corso attività di approfondimento.
Un secondo livello di rischio è, poi, rappresentato dal possibile rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, legato al fatto che non sempre le società fintech sono in grado di applicare gli standard operativi, che consentono una sicura identificazione della clientela anche da remoto e una completa tracciabilità dei flussi finanziari connessi alle transazioni effettuate.
Vi è, infine, un terzo livello di rischio, certamente non meno importante e pericoloso, come anche recenti episodi dimostrano, il rischio cibernetico: un’area, in cui ricade anche quello legato al ricorso a fornitori di servizi esterni, con una paventata, possibile compromissione della stabilità dei singoli operatori e dei sistemi.
Il fermo monito del Governatore Visco sui tre rischi in tema di criptoattività, se da un lato costituisce l’ennesimo allarme lanciato dalle nostre Autorità monetarie sui pericoli legati alla diffusione incontrollata e non regolamentata di queste attività finanziarie, dall’altro esprime chiaramente il convincimento della nostra Banca Centrale di proseguire sulla strada del progresso tecnologico e delle sue applicazioni nel mondo della finanza; ma, come viene ribadito in un altro passaggio delle Considerazioni Finali, con modalità tali da “apportare maggiori benefici per la collettività”. Un auspicio totalmente condivisibile.