Rai5, una notte d’arte dedicata al blu: istruzioni per guardare oltre

Oltre la storia degli artisti e delle opere, l’arte racchiude anche l’affascinante più che mai storia dei colori. Chi poteva mai immaginare di fare un viaggio nei secoli solo seguendo una parolina di tre lettere? Questo è accaduto ai tanti telespettatori che venerdì 11 si sono sintonizzati su Rai 5 per vivere una nuova “Art Night” dedicata al blu.

Un viaggio nella storia della ricerca dell’oltre

A definire il viaggio compiuto è stata la regista Linda Tugnoli col suo “Blu. I colori dell’arte”. Un documentario al centro della puntata, prodotto da Mark in Video in collaborazione con Rai Cultura, alla scoperta della storia di questo colore metafisico. Lo stesso del cielo e del mare, del sereno ma anche del “feel blu” più carico anglosassone.

In principio era il lapislazzuli, prezioso più di tutto e ammaliante. Poi il primo esperimento artificiale con il blu egizio a cui, nella storia, ha risposto il blu maya. Siamo nel 3300 a.C. i Maya traggono il pigmento da fiori e piante e lo stabilizzano con l’argilla.

Un volo nel tempo ci riporta alla meravigliosa Cappella Scrovegni di Padova. Qui, nei primi del 300, Giotto celebra l’azzurrite e il Blu d’Alemagna, più economico del lapislazzuli ma altrettanto sognante. Il suo stesso deterioramento ha condotto i restauratori che se ne sono occupati a scoprire altri strati, altri frammenti, altri lasciti di Giotto sotto l’azzurrite decaduta.

Poco più a Sud, nella città di San Francesco, la Cappella mostra un’altra magia del tempo. L’azzurrite decade e diventa malachite inizia a tendere al verde e permette alla luce di filtrare dentro la pellicola pittorica restituendo l’opera al tempo, a noi. Si eleva a Ravenna il blu di Galla Placida. Questo blu è pura spiritualità, è regalità divina, è oltre.

Il blu di oggi: il guado e i tintori nelle Marche

Ma il blu non è certo solo passato, impariamo dal documentario. Ancora oggi esistono coltivatori e tintori. Linda Tugnoli ci porta a conoscere i coltivatori di guado, una pianta della famiglia dei cavoli che restituisce un’acqua prima verde da cui poi – come in una magia, ancora – affiora l’azzurro blu. Questa tradizione è molto forte, risale al Medioevo, e ancora vive nelle Marche. Ad Urbino, all’orto botanico, da secoli esistono e vengono coltivate infatti le piante tintorie. Qui negli affreschi quattrocenteschi dell’Oratorio di San Giovanni, ad opera dei fratelli Salimbeni, il guado viene sovrapposto all’azzurrite dando un colore semplicemente e tecnicamente unico.

Era certo impossibile non fare una tappa nella Capitale, no? Il documentario ci porta da Urbino direttamente dentro Villa Farnesina dove la Loggia di Amore e Psiche racconta la bottega di Raffaello Sanzio, fucina di arte e anche di colore. Lo strappo finale, la vittoria del blu sul rosso porpora. E la scoperta, unica, del blu egizio, sì proprio in Giotto: la storia come un cerchio si chiude nel Trionfo di Galatea. Il cielo, il mare, gli occhi di tutti i personaggi sono di quel blu lì, antico e magico, con un Raffaello che tesse un filo lungo secoli e secoli.

Il blu entra nella modernità e si reinventa

La rivoluzione industriale investe tutto della vita del tempo, anche l’arte, anche il blu. I colori diventano chimici e iniziano ad essere prodotti in maniera standardizzata, salvo per alcuni geniali esperimenti. Il documentario racconta la visione dei fratelli Maimeri che vollero resistere alle tentazioni dell’industrializzazione e credettero per tutta la vita nella produzione di un blu puro, senza cere, senza resine, ancora vivo: dagli egizi fino alla Milano di oggi.

Sarebbe stata una grave omissione non citare nella storia del blu gli impressionisti. Finisce il nero, inizia il blu: nasce il movimento più sognante di sempre. Monet, Cezanne, Van Gogh e via via fino a Kandinsky e Mirò fanno del blu un colore di concetto, qualche volta tormentato altre accogliente ma sempre in evoluzione.

E se ad un certo punto guardando ci si lascia stupire dal blu che si fa acqua di 32 metri di mare circa, istallazione di Pino Pascali, restiamo ancora più sorpresi nello scoprire che il blu non ha smesso di scrivere la storia. Perché c’è un nuovo blu, nato nel 2009, e già è una stella. Nasce in un laboratorio dell’Università dell’Oregon, per caso, ma sembra essere quel blu che gli artisti stanno aspettando da una vita: ha la brillantezza del lapislazzuli ma è più vibrante. Sembra perfetto: il messaggio nel tempo ci rende protagonisti dell’emozione di questo colore unico.

Stazione extra, visita a Ettore Spalletti

E, infine, una stazione extra nell’Art Night, a conoscere Ettore Spalletti. Un artista visionario, concettuale, che si è raccontato nella serata attraverso i volumi del suo studio e le occasioni delle sue mostre in Italia. Anche qui ha fatto capolino l’azzurro in una stanza pensatoio ideata da Spalletti per perdersi. “Per scoprire il cielo lo devi bucare”, dice Spalletti e il cerchio magico si chiude: la ricerca del Cielo, la ricerca del blu, la ricerca dell’oltre ha viaggiato con noi, in noi, nei secoli, da Medioevo attraverso le civiltà antiche, le pietre miliari dell’arte fino ad oggi.

Grazie a questa notte di arte l’abbiamo scoperto, fissato. Perché in fondo ogni giorno anche noi siamo protagonisti di questa ricerca. Forse senza farci caso, alziamo gli occhi al cielo tutti i giorni perché il blu sia ancora il nostro blu, perché la vista sappia andare ancora nel verso giusto: oltre.

 

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