Il sofferto avvio del nuovo Codice della Crisi d’Impresa ha registrato la scorsa settimana un’ennesima, risolutiva tappa. Infatti, con l’approvazione definitiva presso la Camera dei Deputati della legge di conversione 118/21 si è fatta chiarezza sulla tempistica del nuovo apparato normativo in una materia così delicata per gli equilibri socio – economici del Paese.
L’entrata in vigore del Codice, precedentemente fissata all’inizio dello scorso settembre è, ora, prevista per metà maggio del 2022. Sarà preceduta dall’esordio della nuova procedura di composizione stabilita per la metà del prossimo mese di novembre e sulla quale vale la pena di soffermarsi, sia pure brevemente.
Si tratta, infatti, di un istituto giuridico inedito per il nostro ordinamento giuridico, con l’obiettivo di superare la situazione di squilibrio dell’azienda prima del momento fatale dell’insolvenza. Un istituto, che viene attivato dallo stesso imprenditore in difficoltà, accedendo a una procedura stragiudiziale presso la Camera di Commercio competente con il coinvolgimento di un esperto che lo affianca, ma non lo sostituisce, e che rappresenta una figura di garanzia verso i creditori e le altre parti interessate.
Le opportunità di questa procedura prevedono varie possibilità di definizione: dalla stipula di contratti con uno o più creditori, alla cosiddetta convenzione di moratoria; dall’accordo di ristrutturazione dei debiti, alla domanda di concordato semplificato in caso di trattative concluse senza un esito positivo.
Tornando, poi, all’aspetto calendaristico, slitta, invece, fino alla fine del 2023 l’introduzione delle misure di allerta della crisi d’impresa, sicuramente uno degli elementi più innovativi di questa normativa.
L’importanza della nuova impalcatura giuridica che interviene nella situazione di crisi dell’impresa è certificata dalla rilevanza della dimensione economica ad essa correlata. Basti pensare alla previsione, di fonte Banca d’Italia, secondo cui l’aumento dei fallimenti in Italia sarà di 2800 unità entro il 2022, anche a causa della caduta del PIL dello scorso anno e del venir meno dei provvedimenti di contrasto alla crisi. Un’autentica emergenza, confermata dalle stime di Unioncamere di 300mila società di capitali in cui si stanno, già, manifestando segnali preoccupanti.
L’introduzione di questa normativa va, in definitiva, accolta con grande attenzione, in quanto si colloca come elemento cruciale per contrastare efficacemente una deriva economica, altrimenti irreversibile, con gli strumenti prima in dotazione, contribuendo, così, a scongiurare conseguenze, che sul piano socio economico si rivelerebbero, certamente, devastanti per l’equilibrio socio – economico del Paese.