Smart working e Dad, ecco quanto ‘costa’ all’ambiente

(Adnkronos) – Dallo smart working alla Dad, dalla tv in streaming ai social: la rete è sovraccarica di utenti. Tra coprifuochi e lockdown, la pandemia in questo ultimo anno ha spinto massicciamente l’utilizzo della rete per seguire lezioni a scuola o università, organizzare lunghe riunioni, vedere film, ascoltare musica.

Senza contare l’uso eccessivo dei social dove si comunica, si inviano foto, si caricano video. Ma tutto questo ha un costo anche per l’ambiente. Ebbene, se internet fosse una nazione, sarebbe il quarto Paese più inquinante dopo Cina, India e Stati Uniti, sostengono indagini recenti.

A fare un bilancio dell’impronta ambientale del nostro essere sempre più digitali è Seeweb, Cloud Computing Provider italiano.

La produzione di energia elettrica, spiega all’Adnkronos, Chiara Grande, marketing Seeweb, “emette Co2, per avere un’idea nel 2008 il digitale ha consumato il 2% emissioni globali di gas serra e per il 2025 si stima che consumi energia per l’8,5, nel 2040 si stima al 14%”. Se i dati possono non rendere bene l’idea, l’esempio pratico fa la differenza.
“Guardare soli 10 minuti di video in streaming consuma almeno 100 volte di più di quanto consuma ricaricare lo smartphone in un anno: pensiamo quindi a quanto possa inquinare la Dad. Le app con geolocalizzazione sono energivore al massimo perché tracciano gli spostamenti. Le infrastrutture cloud consumano tantissimo Co2 per funzionare anche se non lo vediamo o non lo sentiamo”.

Sul tema era intervenuto anche il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani che in occasione di una conferenza ha dichiarato: “La digitalizzazione è una tecnologia fantastica ma non è gratis energeticamente: le sue emissioni di Co2 sono il doppio del trasporto aereo”.

La digitalizzazione, dunque, è una grande opportunità ma va usata con intelligenza. Il tema, spiega Chiara Grande, “è vastissimo e le cose che si possono fare moltissime. Lato utente finale, cercare di ottimizzare al massimo per esempio la conservazione di file inutili. Spesso sui nostri dispositivi, nei nostri computer giacciono inutilizzati miriadi di file che non riutilizzeremo mai più ma che per semplice pigrizia non cancelliamo. Fare pulizia e liberare Gb è essenziale. Così come, per esempio, pure evitare di inviare un’email non proprio necessaria può alleggerire il pianeta”.

Anche gli sviluppatori e i web designer “possono fare moltissimo per costruire servizi web, app e piattaforme e-commerce più sostenibili attraverso specifiche strategie di sviluppo, design e user experience ma anche addirittura di Search Engine Optimization. Nel range temporale che va dal 2013 al 2019 è stato stimato un aumento del tempo medio di caricamento delle pagine web da mobile è salito da 4 secondi a 27 secondi. Oggi si può calcolare usando appositi strumenti l’impatto di un sito web sul pianeta in termini di Co2”.

Le agenzie web, dunque, spiega Chiara Grande, “oggi sono chiamate a ridurre questi valori. E possono farlo scegliendo prima di tutto una base sostenibile. L’hosting stesso deve essere sostenibile, erogato da data center che utilizzano solo fonti di energia rinnovabili attivando tutta una serie di pratiche virtuose come il riuso delle componenti hardware o il controllo costante e la manutenzione degli impianti, la scelta di sistemi antincendio efficienti, un riutilizzo virtuoso dell’acqua. I server consumano moltissima energia partendo dal consumo dei sistemi di raffrescamento in particolare ma anche di tutti gli elementi che permettono l’elaborazione e la conservazione dei dati”.

“In Seeweb questa attenzione c’è dal 1998, tanto che la Regione Lombardia l’ha premiata come azienda innovativa ai suoi esordi ed è stata tra le prime realtà It a dotarsi della certificazione Iso14001. Seeweb utilizza energia verde derivante da fonti rinnovabili e per questo è un Cloud Provider sostenibile, puntante a un impatto sempre minore sull’ambiente delle sue server farm, allocate in Italia” conclude Grande.

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