Il centro della guerra è ormai da giorni nel Donbas. Il centro del centro è uno: la città di Severodonetsk. Non è chiaro ancora se i russi ne abbiano o meno il controllo totale.
Secondo Ramzan Kadyrov, Capo della Repubblica cecena, sì. Così dichiara: “la città è stata liberata, i residenti possono stare tranquilli: d’ora in poi non saranno più in pericolo”. Poche ore prima il Capo dell’amministrazione militare regionale, Serhiy Haidai, aveva invece detto che la città non era del tutto circondata e che era rimasta una via di accesso per gli aiuti umanitari. Successivamente l’esercito ucraino ha ammesso di essere “in una posizione difensiva difficile” in una Severodonetsk costantemente bombardata dai russi. Il che significherebbe comunque che la zona non è ancora del tutto in mano all’esercito di Mosca. Le prossime ore, probabilmente, saranno decisive.
Sul fronte diplomatico il centro del dibattito si è mosso dalla videochiamata tra Putin e Macron-Scholz. Il Consigliere del Presidente e di fatto Capo negoziatore ucraino Mykhailo Podoliak ha fatto sapere che: i negoziati tra l’Ucraina e la Federazione Russa – ha scritto su Twitter – saranno possibili quando l’aggressore rinuncerà all’ipocrisia, lascerà il sud del Paese e ritirerà le truppe. Ha messo il carico il Presidente Zelensky che, nel consueto videomessaggio serale, ha nuovamente chiesto che la Russia sia inserita nella lista degli stati terroristi.
Sul fronte delle sanzioni. A breve Bruxelles imporrà il divieto di import di petrolio della Russia via mare. Resterà fuori dalle restrizioni l’oleodotto Druzhba, linea che fornisce tra gli altri l’Ungheria, contraria a rinunciare al greggio russo. Nella bozza si parla di concedere sei mesi agli stati membri per l’eliminazione graduale dell’import di greggio via mare e otto mesi per quello di prodotti raffinati. Questo concederebbe più tempo a Budapest per trovare altre fonti per i suoi bisogni energetici.