SAPPE annuncia lo stato di agitazione degli agenti di Polizia Penitenziaria

continuano in alcune CARCERE italiane tra le quali primeggia il carcere di Terni, le aggressioni dei detenuti agli agenti della Polizia Penitenziaria Che lavorano in condizioni di scarsa sicurezza e sotto organico.

È ormai un bollettino di guerra – scrive in un comunicato il Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria – quello della Casa Circondariale di Terni, dove le vittime sono ancora una volta i Poliziotti, nel silenzio assurdo di una Direzione assente e di un’Amministrazione sempre più lontana dalle criticità degli Istituti Umbri.

Sabato scorso un grave episodio di violenza, un detenuto algerino media sicurezza, si scagliava con violenza contro il collega addetto alla vigilanza della sezione “H”, sferrandogli un pugno in faccia, risultato? Collega al pronto soccorso, mandibola rotta, venti giorni di prognosi.

Nella mattinata di oggi sempre i Poliziotti ternani salvano un detenuto che aveva provato ad impiccarsi, motivo? Non vuole più stare a Terni.

Nella serata altra aggressione verso un collega, un detenuto, questa volta italiano, psichiatrico, sferra un pugno ad un collega perché voleva parlare con il comandante. Risultato? Il collega accompagnato al pronto soccorso, sei giorni di prognosi.

Lo scorso febbraio il Provveditore Regionale aveva promesso un mini sfollamento quando le presenze a Terni erano 525 e ad oggi siamo a 575!

Cosa rispondere al collega che ci dice: “Ormai non sappiamo più cosa fare. Ci aggrediscono? Dobbiamo sperare che non ci ammazzano! Ci difendiamo? Ci arrestano per torutra!!!

Ormai i detenuti si sentono nel diritto di aggredire i colleghi, consapevoli di ottenere quello che vogliono.

Quale delle Istituzioni se la sente di rispondere al collega?

Noi rispondiamo proclamando nell’immediato lo stato di agitazione ed al contempo si metteranno in atto tutte le forme di protesta lecite ad assicurare ai colleghi la tutela a cui hanno diritto, perché nessuno dovrà più essere abbandonato a se stesso ed entrare in servizio con la paura di non tornare dalle proprie famiglie a fine turno.

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