Secondo i dati del Ministero della Salute di oggi del 13 aprile sono 13.447 i positivi al test del Coronavirus in Italia nelle ultime 24 ore. Ieri erano stati 9.789. Sono invece 476 le vittime in un giorno mentre ieri erano 358. Sono 304.990 i tamponi molecolari e antigenici effettuati nelle ultime 24 ore. Ieri i test erano stati 190.635. Il tasso di positività del 13 aprile è del 4,4%, in calo di 0,7 punti rispetto a ieri quando era stato del 5,1%.
I pazienti ricoverati nelle rianimazioni per Covid sono 3.526, in calo di 67 unità rispetto a ieri nel saldo giornaliero tra entrate e uscite. Gli ingressi giornalieri sono stati 242 invece ieri erano stati 167. Nei reparti ordinari sono invece ricoverate ad oggi, 13 aprile, 26.952 persone, in calo di 377 rispetto a ieri.
In Italia sono stati superati i 4 milioni di cittadini immunizzati con due dosi di vaccino contro il Covid.
Sembrerebbe che in Italia la diffusione del Coronavirus stia rallentando ma la pressione sugli ospedali è ancora troppa e sono ancora pieni. I medici delineano un quadro allarmante e evidenziano la necessità di non allentare le misure anti-contagio.
I principali Sindacati della dirigenza medica, sottolineano che: “I dati in Italia, nelle ultime settimane, mostrano progressivi segnali di rallentamento della crescita dei contagi da Sars-CoV-2. Tuttavia si segnalano le condizioni di sovraccarico di tutto il sistema ospedaliero, con indici di occupazione delle terapie intensive e delle aree mediche Covid ben oltre le soglie critiche individuate, nonché la marcata circolazione del virus, con circa 530mila contagi attivi e la persistente elevata mortalità, impongono molta cautela nell’allentare le misure restrittive della movimentazione sociale”.
Il Sindacato aggiunge: “Il personale sanitario, impegnato quotidianamente, 7 giorni su 7, di giorno e di notte, e da oltre un anno nella lotta contro la pandemia si trova ad affrontare ancora per tutto il 2021 criticità di ogni tipo dovute al sovraffollamento degli ospedali, che con la terza ondata interessa in successione tutta la nostra penisola, anche aree precedentemente risparmiate come dimostra il caso Sardegna. Ogni prematuro allentamento delle restrizioni potrebbe mettere a rischio tanto la vita dei pazienti con Covid-19, costringendo per carenza di posti letto gli operatori a scelte strazianti sotto il profilo etico, come il triage inverso, quanto la salute dei pazienti con altre patologie, la cui prevenzione e cura rischia di essere ancora una volta sacrificata a causa della sottovalutazione del rischio di una persistente elevata circolazione del virus, sulla quale i medici e i dirigenti del servizio sanitario nazionale lanciano da tempo, inascoltati, tutti gli allarmi possibili”.
Peraltro segnalano che: “Per la terza volta gli operatori sanitari sono costretti, dopo il secondo picco epidemico autunnale, a ulteriori sacrifici, anche a rischio della salute personale, oltre che ad affrontare una situazione di costante super lavoro fisico e psichico che sta fiaccando le loro resistenze”. Prosegono dal Sindacato: “Le decisioni competono, certo, alla politica, ma è compito, anche deontologico, di chi lavora in prima linea fornire una fotografia chiara dell’andamento clinico ed epidemiologico della pandemia. Un rallentamento delle restrizioni sarà possibile solo con contagi giornalieri al di sotto di 5.000 casi, mantenendo una larga capacità di testing e riprendendo il contact tracing per il controllo della diffusione dell’epidemia, i ricoveri in area Covid medica e intensiva largamente al di sotto delle soglie critiche, rispettivamente 40% e 30%, e la vaccinazione completata almeno per i soggetti fragili e gli ultra 60enni, categorie a più alto rischio di ricovero e mortalità”.
Arriva così l’appello dell’Itersindacale: “Chiediamo alla politica di ascoltare le decine e decine di migliaia di colleghi che da 13 mesi lavorano senza tregua nell’emergenza territoriale e negli ospedali, e che non nascondono la loro perplessità e amarezza per il dibattito in corso su riaperture che, sotto le pur comprensibili esigenze economiche e sociali, celano una non corretta valutazione del rischio di un prolungamento della pandemia e di una persistente elevata mortalità tra i cittadini non ancora protetti con la vaccinazione. Senza una soluzione duratura della crisi sanitaria, non vi potrà essere una ripresa economica né un ritorno in sicurezza alle normali relazioni sociali”.