Oggi, 25 aprile, è la vigilia del ritorno a una pseudo normalità. Ma è anche il 76esimo anniversario della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista e dal regime fascista.
Questa data, per chi lo ha vissuto, ha un significato preciso: è stato il primo giorno di una libertà, che non è liceità, ma responsabilità. “La libertà va coltivata con la coscienza, con la consapevolezza e con il riconoscere la libertà degli altri”. Così raccontava Claudia Ruggerini, la partigiana Marisa che il 25 aprile 1945 partecipò alla liberazione.
La giornata della Liberazione dell’Italia è stata Istituita dal Presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, insieme al Principe Umberto II, allora reggente del Regno d’Italia. Il 22 aprile 1946, con un decreto legislativo luogotenenziale: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”.
L’anno scorso, chiusi in casa dal primo lockdown, non si è potuto festeggiare in piazza. Ma gli italiani hanno celebrato la ricorrenza dai balconi con il tricolore in mano. Contingenza che ha vivificato il senso di questo giorno. Perché è una data che segna concretamente la storia di tutti nella libertà, che ci consente di non vivere sotto l’occupazione e la dittatura.
È la pietra fondante di tutte le libertà di cui godiamo e in nome delle quali si è costituita la Repubblica fondata su una Costituzione che le garantisce.
Come detto all’inizio, quest’anno il 25 aprile ha un altro significato. È la vigilia di una data che per molte persone, dai lavoratori agli studenti, dai bambini agli anziani, vuol dire libertà di tornare a lavorare, a studiare, a muoversi. Da domani, 26 aprile, nelle regioni con un rischio di contagio basso, potranno riaprire ristoranti, bar, cinema, teatri e luoghi della cultura.