40 anni dalla morte di Rino Gaetano: la sua stella brilla ancora

Nella giornata del 2 giugno 1981, 40 anni fa, moriva Rino Gaetano. Quel giorno si è perso un manifesto vivente di nuove idee, una piccola avanguardia avanzata dal Sud fino alla capitale, un autore prima di un cantante, un giullare prima che un uomo di musica.

A distanza di 40 anni restano i frutti del suo lavoro dissacrante, dell’ironia e degli sfotto portati per la prima volta nei salotti dell’Italia bene dei primi anni Settanta. Da Crotone a Roma, poi gli studi in seminario a Narni e la vita di Montesacro avevano fatto maturare in Rino Gaetano la certezza delle proprie idee. Quelle da portare avanti, comunque.

Da Carmelo Bene a Sanremo: il palco e la protesta

Questo convincimento gli ha servito un vestito da ‘outsider’, diremmo oggi. Rino Gaetano salta sul palco e recita Majakovskij e Beckett, veste i panni della volpe nel “Pinocchio” di Carmelo Bene. Nel 1978, con tutta la polemica al seguito, sbarca al Festival di Sanremo. E se deve ‘piegarsi’ alle meccaniche del successo, lo fa a modo suo. Si presenta con “Gianna”, la più orecchiabile, vestito con frac, t-shirt a righe, cilindro e numerose medaglie che gli escono dal taschino. Porta per la prima volta al Festival la parola “sesso“. In mano un ukulele che, fra l’altro, anni dopo, messo all’asta dalla sorella Anna, finanzia la costruzione di un Centro medico per bambini in Sierra Leone. “Gianna” vende 60mila copie, ma spezza qualcosa fra Rino e il suo pubblico. Lui stesso aveva cercato di spiegare: “Sanremo non significa niente e non a caso ho partecipato con ‘Gianna’ che non significa niente“.

Ancora, il palco di “Acquario” di Costanzo, quando già era uscita “Nuntereggae più”. Rino Gaetano si ritrova accanto a Maurizio Costanzo e Susanna Agnelli già citati nella canzone. Non tira indietro la carica: Costanzo, visibilmente colpito dall’annessione del suo nome nell’elenco, sminuisce e prende in giro; Susanna Agnelli, allora deputata, invece, ammira in Rino il diritto dei giovani di prendere in giro e criticare le precedenti generazioni.

Memorabile anche la (non) esibizione a “Discoestate“. Rino scopre che deve cantare in playback: una pratica non corrispondente al suo profilo di cantore e giullare – al netto di doti canore non eccelse, come lui stesso ammetteva. La risolve così: sale sul palco e quando parte la base si accende una sigaretta.

L’eredità: tutto si può cantare!

rino gaetano (getty images)

Sei album e milioni di parole per raccontare l’Italia che stava cambiando, che era cambiata. Più libertà, più povertà, più solitudine. Rino Gaetano è un fiume in piena fra canzoni e canzonette, collaborazioni di lunga data e per eventi speciali, grandi nomi e piccoli locali romani. Una corsa luminosa e purtroppo breve, fino allo schianto.

Sono passati 40 anni da quelle 3:55 del 2 giugno 1981 quando presumibilmente per un collasso Rino Gaetano perde il controllo della sua auto, su via Nomentana. Muore 2 ore dopo, a 31 anni. Anche la morte resta controversa e travagliata, come tutta la carriera. C’è stato un collasso, ma l’autista del tir che lo travolge lo vede vigile; la corsa all’ospedale e la mancata collocazione per un intervento al cranio genera un fatale ritardo nei soccorsi e quindi la morte; lo scenario generale dipinge anche il sospetto di un omicidio per mano di chi voleva mettere a tacere la sua protesta e i suoi elenchi di nomi detti in pubblico.

Ombre a parte, cosa resta? La parola cantata, la voce graffiante, la ragione urlata sul palco. E una certezza: la cometa Rino Gaetano brilla ancora, da qualche parte, dopo 40 anni.

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