2 Giugno 2021 con le FF.AA.: 60 anni di missioni internazionali, ma ora si pensa al futuro

Il 2 giugno si festeggerà per la 75esima volta la Festa della Repubblica, uno degli eventi più importanti e significativi nella storia dell’Italia che sancì la fine della monarchia. Istituita ufficialmente nel 1949, la giornata viene festeggiata ogni anno con una cerimonia tradizionale a Roma. Il 2 giugno non è soltanto una giornata per ricordare e celebrare la nascita della nostra Repubblica perché è un momento storicamente importante anche per le donne, dato che, sempre il 2 giugno ma del 1943 c’è stato il primo referendum a suffragio universale nel nostro Paese, ovvero il primo voto istituzionale a cui le donne hanno avuto accesso. Da quella prima volta, per le donne sono seguite molte altre prime volte, e continuano tutt’oggi.

Tuttavia, per il secondo anno di fila, a causa della pandemia da Covid-19, non si terrà la tradizionale parata delle Forze Armate ai Fori Imperiali e sfreccerà solo la Pattuglia acrobatica delle Frecce Tricolori che sorvoleranno l’Altare della Patria e il cielo di Roma. Sarà festa, certo, ma una festa sobria, senza rischi di assembramenti e di contagio, compiendo un importante e significativo gesto di responsabilità istituzionale. Del resto una parata senza pubblico non avrebbe accontentato tutti e un pubblico contingentato lungo i Fori Imperiali sarebbe stato un’impresa ardua e pressocchè impossibile.

Ed allora, invece che descrivere le centinaia di uomini e donne in divisa e dei mezzi che, ogni anno il 2 giugno, sfilano ordinatamente lungo Viale dei Fori Imperiali, preferisco ricordare  la Festa della Repubblica, ripercorrendo con i nostri lettori la crescita professionale degli uomini e delle donne delle nostre Forze Armate.  Avieri, carabinieri, marinai e soldati,  prestano quotidianamente servizio per la difesa del paese e per il soccorso alle popolazioni in difficoltà, ma non solo all’interno dei confini aerei, marittimi e terrestri, ma da oltre 60 anni anche nelle varie missioni internazionali, a cui l’Italia prende parte attiva,  in ambito della NATO, delle Nazioni Unite e più recentemente dell’Unione Europea.

L’impegno dei militari  italiani nel mondo, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale,  ha avuto inizio negli anni ’60, con la partecipazione alle prime missioni delle Nazioni Unite. Un impegno inizialmente molto gravoso e che ha richiesto  nuove modalità di addestramento e un utilizzo di mezzi, armamenti  e strumenti in continua evoluzione. Un impegno che non ha risparmiato all’Italia il pagamento di un alto tributo anche in termini di vite umane.

Ne cito un paio tra i più significativi: quello dell’attacco subito nel 1963, a Kindù in Congo, dove furono uccisi 13 aviatori e l’attentato terroristico in Iraq, nel 2003 a Nassirya, dove morino 12 Carabinieri, 5 militari dell’Esercito oltre ad un cooperatore internazionale, un regista e a  9 iracheni e che provocò in totale 58 feriti.

Dopo la seconda guerra mondiale, negli anni ’80, giunge il momento  della prima impegnativa missione italiana in un territorio di guerra, il Libano, che  vide aumentare significativamente  il coinvolgimento dell’Italia sulla scena internazionale. Tra i primi ad arrivare nel Porto di Beirut il Battaglione  Bersaglieri “Governolo“.

Giunsero a bordo di a bordo delle navi  da sbarco della Marina Militare “Grado” e “Caorle” e del traghetto del  Lloyd Triestino “Buona Speranza”, noleggiato dal Ministero della Difesa con la scorta della Fregata “Perseo“.  Ricordo bene che i colleghi italiani  inviati, dovettero, con un certo imbarazzo e un inevitabile sconcerto, dare notizia dell’ironia del contingente francese sull’utilizzo da parte del nostro esercito di un traghetto civile, sul colore bianco con cui furono dipinti i nostri blindo M113 e che sarà  poi distintivo dei colori dei mezzi impiegati da tutti gli eserciti nelle missioni delle Nazioni Unite. Come se non bastasse, i francesi trovarono da ridire anche  sugli elmetti piumati dei nostri Bersaglieri.

 

Un’ironia che, tuttavia, durò poco: giusto il tempo necessario ai nostri militari per organizzarsi, schierarsi e iniziare a svolgere i compiti loro assegnati. Compito del contingente italiano era quello di garantire la sicurezza fisica dei palestinesi che lasciavano Beirut e degli altri abitanti della città e inoltre favorire il ristabilimento della sovranità e dell’autorità del Governo libanese nel settore meridionale della Capitale libanese, oltre a  smilitarizzare un’area a cavallo della “Linea Verde”, interponendosi fra le forze israeliane e palestinesi, e portare in salvo le forze palestinesi oltre il confine siriano. Il 16 settembre la ritorsione con i massacri nei campi di Sabra e Chatila. Così la decisione di un nuovo intervento internazionale.

Il successo dell’operazione condotta dal nostro Contingente e avvenuta in due fasi distinte, venne testimoniato dai successivi servizi che gli inviati di tutto il mondo  spedirono alle proprie  testate. Ricordo le immagini dei telegiornali italiani che facevano vedere la lunga fila di persone  davanti l’Ospedale Militare da campo istallato a Beirut,: mamme con i figli in braccio o tenuti per mano, spesso feriti o sofferenti, in attesa del proprio turno per essere assistite e curate dagli infermieri e dai medici militari.

Gli stessi  che, spesso, non esitando di rischiare la propria vita in una imboscata o sotto il tiro di un cecchino, si recavano al domicilio dei pazienti gravemente ammalati. I parenti chiedevano aiuto ai medici italiani perchè erano gli unici con cui riuscivano a relazionarsi. Ricordo il piccolo Mustafà, il bambino libanese divenuto la mascotte del Contingente italiano,  testimonianza del particolare  rapporto dei nostri soldati, i Bersaglieri per primi e i Paracadustisti dopo, con la popolazione del Libano. Oggi l’Italia è presente in Libano con la missione “Unifil” – “Operazione Leonte“, sotto l’egida delle Nazioni Unite.

 

L’impegno delle Forze armate italiane all’estero venne incrementato nel corso degli anni ‘90 con la partecipazione a molteplici missioni multinazionali autorizzate dalle Nazioni Unite o ordinate dalla NATO. Uno dei principali teatri d’intervento fu quello  dei Balcani, territorio in cui il ruolo dei militari italiani  per la stabilizzazione e lo sviluppo del territorio fu particolarmente determinante, anche per ovvie ragioni geopolitiche. Da inviato, ricordo innumerevoli episodi in cui  la  professionalità e la generosità dei militari  italiani, in Bosnia prima e in Kosovo poi,  fu protagonista del processo di stabilizzazione e mantenimento della pace in un paese dilaniato dalla ferocia della guerra interetnica.

Il ripristino dell’ordine, della legalità e della sicurezza della popolazione era la mission degli italiani in quel contesto difficilissimo, ma senza nulla togliere a gesti di umana solidarietà. Ricordo il ritrovamento da  parte dei soldati  del  Contingente italiano di stanza a Pec, in Kosovo, del piccolo Fortunato, un neonato trovato abbandonato in un porta rifiuti che venne adottato dai militari italiani  in  attesa dell’affidamento ad una famiglia.

Ricordo la complessa e pericolosa  attività svolta dai Carabinieri della Multinational Specilized Unit  (M.S.U.) sul Ponte di Mitrovica, teatro a quei tempi (2000) di una feroce confrontazione, a colpi di mortaio e violente manifestazioni, tra etnia serba e albanese. Il Ponte era chiuso per evitare che le due etnie entrassero in contatto diretto. Il presidio del ponte era  affidato ad una Compagnia  Carabinieri della M.S.U. Ricordo il racconto che mi fece il Colonnello dei Carabinieri Paracadutisti del “Tuscania” che comandava la MSU italiana. Venuto a conoscenza che sarebbe dovuto transitare sul ponte un convoglio di mezzi dell’esercito degli Stati Uniti e che i miliziani avrebbero voluto protestare contro la NATO, l’ufficiale italiano informò il Comandante del convoglio americano di procedere evitando di rispondere alle probabili provocazioni. Al passaggio dei mezzi militari sul ponte iniziò una violenta sassaiola e il convoglio si dovette fermare. Il suo Comandante voleva aprire il fuoco per fermare la protesta che non accennava a placarsi. L’ufficiale dei Carabinieri riuscì a convincere il collega americano a non sparare neppure un colpo e riuscì a convincere i capi della protesta a desistere dalla loro azione. Il convoglio potè proseguire verso la propria destinazione. Il ricorso al fuoco spiegò il Colonnello dei Carabinieri, avrebbe innescato uno scontro molto violento e sicuramente avrebbe causato il ferimento  di molte persone e con molta probabilità anche qualche vittima. Il buon rapporto instaurato dai nostri Carabinieri con le due fazioni della popolazione contrapposte evitò il peggio.

Ricordo anche la distruzione di un  asilo situato in un villaggio gestito da una suora e che i militari italiani del Genio ricostruirono, perchè quell’asilo,  non era  una scuola qualunque, ma era un simbolo di riappacificazione. La suora, era miracolosamente riuscita ad aprirlo ai bambini appartenenti sia alle famiglie albanesi che serbe.

“Se le ForzeArmate italiane sono così stimate anche all’estero è per la riconosciuta preparazione, professionalità, dedizione con cui i nostri militari operano nel mondo. E anche per storie di umanità scrive su Twitter il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini,  in risposta a un giovane kosovaro che chiedeva di poter avere notizie di un soldato ritratto in una foto con lui appena quattordicenne. Significativamente importante  è stata anche la partecipazione alle missioni a fini umanitari soprattutto nel continente africano come la Somalia, l’Eritrea dove, nell’ambito di una missione delle N.U. a sostegno del Governo locale per garantire la sicurezza e l’ordine pubblico,  gli elicotteri italiani furono utilizzati anche per  il supporto alle popolazioni che vivevano lontano dalla capitale, in zone povere di acqua, di cibo e senza un’adeguata assistenza sanitaria.

Nel 1993, un’altra missione internazionale vide i nostri soldati, marinai e avieri e carabinieri partecipare  al ripristino della pace, della legalità e della sicurezza della popolazione del Mozambico: il paese era vittima di una guerra civile tra fazioni contrapposte. I nostri militari furono utilizzati anche per  evacuare i nostri connazionali in pericolo e  l’Italia contribuì con un Contingente di 1.030 alpini, un Gruppo Squadroni dell’Aviazione dell’Esercito ed un Reparto di Sanità.

Recentemente l’Unione Europea si è dichiarata pronta a intervenire nuovamente in Mozambico con una task force militare a sostegno delle autorità di Governo e delle Forze Armate locali contro le organizzazioni “terroristiche” che imperversano in numerosi distretti del nord del Paese. A renderlo noto, l’Alto Commissario U.E. per gli Affari Esteri e la Sicurezza Josep Borrell.

Le attività svolte dai Contingenti italiani nei paesi vittime di conflitti, hanno coperto e coprono un ampio ventaglio di settori: presidio a difesa dell’ordine e della sicurezza della popolazione civile, sostegno ai progetti di disarmo, attività di sminamento dei territori disseminati dalle mine antiuomo,  assistenza sanitaria per la popolazione civile, ricostruzione di infrastrutture pubbliche andate distrutte, ripristino delle vie di comunicazione interrotte, interventi di logistica specializzata, attività di assistenza e sussistenza umanitaria alle frange più fragili delle popolazioni, attività di informazione e comunicazione, attenzione sulla salvaguardia e sul rispetto dei diritti umani.

La volontà italiana di aiutare popolazioni disagiate in tutto il mondo, come in Iraq (Kurdistan) o a Timor Est, è sempre stata costante, ma più di recente l’Italia ha anche effettuato diversi interventi contro il terrorismo internazionale, come in Afghanistan. Nella missione antiterrorismo, in totale sono stati 55 i militari italiani morti in Afghanistan in azioni ostili,  in incidenti stradali o per cause naturali. Circa 400 unità italiane, di cui 120 istruttori, sono ancora oggi schierati a Erbil, nel Kurdistan iracheno. Qui, dal 2015, è attiva la Task Force Land: la formazione è composta da militari dell’Esercito che hanno compiti di addestramento dei Peshmerga, le forze di sicurezza curde. Il training è vario: va dalla formazione basica di fanteria all’uso dei mortai e dell’artiglieria, dal primo soccorso alla bonifica degli ordigni improvvisati. La Task Force land rientra nel programma KTCC, Kurdistan Training Coordination Center, il cui Comando si alterna, da semestre in semestre, tra l’Italia e la Germania. Al KTCC partecipano nove Paesi, ciascuno con i propri addestratori (Italia, Germania, Olanda, Finlandia, Svezia, Gran Bretagna, Ungheria, Slovenia e Turchia).

Nel corso degli anni,  l’Italia è andata assumendosi sempre maggiori responsabilità per il mantenimento della pace nel mondo e va sottolineato che  il contributo italiano, seppure organizzato inevitabilmente con l’ausilio dei più moderni mezzi di attacco e di difesa aerea, marittima e terrestre e con l’impiego di personale bene addestrato e ad altissima specializzazione, si è sempre ispirato allo spirito di solidarietà, all’impegno per la ricostruzione e al consolidamento e mantenimento della pace. Tutto questo è da sempre riconosciuto al nostro Paese dalle massime Autorità della  comunità internazionale e soprattutto dalle popolazioni dei paesi ospitanti.

I militari italiani appartenenti alla quattro Forze Armate impegnati, oggi, nelle missioni internazionali sono poco meno di otto mila. I paesi in cui svolgono le attività sono  Libano, Iraq, Afghanistan (in corso di fine missione), Mare Mediterraneo, Kosovo, Libia, Niger, Lettonia, Somalia, Mali, Niger, Gibuti, Emirati Arabi Uniti.

Il recente Decreto sulle Missioni Internazionali rivela un rinnovato interesse strategico dell’Italia nei confronti dell’Africa sub-sahariana, nel quadro di un sistema di relazioni bilaterali e multilaterali su cui si fonda l’impegno militare e civile del paese. Due le novità di maggiore rilievo: una  riguarda la partecipazione italiana alla task force Takuba, composta da personale dell’Esercito e dell’Aeronautica Militare. L’altra missione è relativa  all’impiego di mezzi aerei e navali per il contrasto alla pirateria nel Golfo di Guinea.

Le missioni delle Forze Armate  nei territori del Sahel

Il Governo italiano ha manifestato un rinnovato interesse strategico nei confronti della regione del Sahel – tradizionalmente fuori dai radar della politica africana di Roma.  Un interesse che nasce dalla necessità di rafforzare la presenza politico-militare in una delle aree cruciali per il transito dei flussi migratori diretti verso il Mediterraneo e che interessano in particolare l’Italia, confine naturale tra l’Europa e il continente africano.

L’importanza strategica del Sahel nella politica estera italiana è dimostrata dal recente  Decreto che prevede anche la proroga della missione bilaterale di supporto delle nostre Forze Armate nella Repubblica del Niger (MISIN). La missione iniziatasi alla fine del 2018 ha  l’obiettivo di favorire un rafforzamento  delle capacità di monitoraggio e controllo dei territori e dei confini. In primis il contrasto dei traffici illeciti trans-frontalieri, il potenziamento delle attività di sorveglianza e intelligence e l’addestramento delle forze speciali nigerine nella regione di Agadez.

Il decreto, inoltre, conferma la partecipazione italiana alla missione di peacekeeping delle Nazioni Unite in Mali integrata nella Missione di stabilizzazione MINUSMA  e alle missioni di training e capacity-building dell’Unione Europea come la Missione  EUTM in Mali; le missioni civili di sostegno e formazione delle forze di polizia e sicurezza interna EUCAP – Sahel Mali ed  EUCAP Sahel Niger.

La missione nel Golfo di Guinea

Una particolare attenzione riveste l’attività di  contrasto alla pirateria e alla criminalità armata nel Golfo di Guinea, tra Nigeria, Ghana e Costa d’Avorio, dove l’interesse nazionale coincide in buona approssimazione con le attività di estrazione e sfruttamento di idrocarburi effettuate da ENI.

Secondo un rapporto dell’Ufficio Marittimo Internazionale,  nel 2019 le attività di pirateria nella regione hanno fatto registrare un sostanziale incremento e il numero di membri degli equipaggi delle imbarcazioni in transito presi in ostaggio è aumentato da 78 a 121: il 90% circa dei sequestri in mare nel mondo sono avvenuti dunque in quest’area, mentre la minaccia potrebbe interessare sempre più da vicino stati come il Togo, il Benin, il Camerun, il Gabon, la Guinea Equatoriale e il Congo Brazzaville. Nel primo trimestre del 2020 sono stati 21 gli attacchi osservati nel Golfo di Guinea, 11 dei quali hanno riguardato la Nigeria, e 17 i marinai rapiti.

Il futuro delle Forze Armate italiane nello scenario internazionale

Al termine del summit con i vari Ministri della Difesa della U.E., il Ministro  Lorenzo Guerini ha chiarito quale sarà il futuro dell’Europa e delleForze Armate italiane  nello scenario della cooperazione militare internazionale.

Forze Armate: missione delle Marina Militare nel Corno d’Africa

Il testo del nuovo Decreto dispone, infine, la proroga della partecipazione italiana ad alcune missioni dell’Unione Europea nel Corno d’Africa. Nel corso degli ultimi due anni, prevenzione, deterrenza e contrasto alle attività di pirateria nel Golfo di Aden e a largo delle coste della Somalia, costituiscono un successo della missione europea EUNAVFOR Atalanta. L’Italia vi prende parte con un contributo massimo di 407 unità militari, due mezzi navali e due aerei.
In Somalia, inoltre, le Forze Armate italiane partecipano alla missione europea di formazione, consulenza e addestramento delle forze armate nazionali EUTM Somalia, con 148 militari e 20 mezzi di terra, con l’obiettivo ultimo di garantire un rafforzamento delle Istituzioni somale e del Governo Federale di transizione e alla missione civile di capacity-building della Polizia somala (EUCAP Somalia). È confermata, inoltre, la missione bilaterale di training delle forze di polizia e sicurezza di Gibuti e Somalia con 53 unità e 4 mezzi terrestri. Perno della presenza italiana nel Corno è rappresentato dalla Base militare di Gibuti, che ospita un contingente di 117 uomini ed è stata istituita in seguito alla conclusione, nel 2002, di un accordo di cooperazione in materia di difesa tra i due stati.

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