Michele Colosio volontario bresciano ucciso a colpi di pistola in Messico

A San Cristobal de Las Casas, in Chiapas, un volontario italiano è stato ucciso a colpi di pistola. Si tratta di Michele Colosio, 42enne di Borgosatollo, che da dieci anni faceva la spola tra il Bresciano e il Messico. Da una decina di anni lavorava a progetti di cooperazione e volontariato e faceva la spola tra l’Italia e il Chapas. Secondo alcuni giornali locali, Colosio è stato ucciso a colpi di pistola mentre tornava a casa dopo essere stato a una festa per la vittoria dell’Italia agli Europei di calcio.

L’uomo, ex tecnico di radiologia agli Spedali civili, è stato ucciso a San Cristóbal de Las Casas. A Brescia vive ancora la madre che è in contatto con le Autorita’ italiane e messicane per il rientro della salma.

Secondo una prima ricostruzione dell’omicidio gli spari sarebbero partiti da un uomo in sella ad una motocicletta verso le 22. Inutili i soccorsi: l’uomo è morto poco dopo essere stato trasportato in ospedale.

Si pensa a una rapina andata male come movente principale dell’omicidio, ma le indagini sono ancora aperte. È stato probabilmente vittima  di una delle tante aggressioni che si verificano quotidianamente nel Pueblo Mágico de San Cristóbal, città in balia di tanti gruppi armati (criminalità comune, criminalità organizzata, narcotrafficanti, gruppi di scontri e paramilitari, sicari in uniformi, ecc) che agiscono grazie all’occhio cieco di tutti i governi e alla corruzione di tutte le forze di polizia.

Come riporta il quotidiano “Brescia oggi”, la madre ha detto che il giovane “non  meritava di fare questa fine, era andato là solo per fare del bene.Era uscito di casa per fare delle compere in un negozio poco distante.Erano circa le 10 di sera, l’alba qui da noi. Qualcuno gli si è avvicinato e lo ha aggredito a colpi di pistola”. La madre vorrebbe raggiungere il Messico nelle prossime ore.

Colosio, riferiscono i media locali, si occupava di varie cose: era artigiano, viaggiatore, pastore, sellaio, meccanico di biciclette. Dopo aver lavorato come radiologo in ospedale, si era avvicinato alla casa di salute comunitaria Yi’bel Ik’ – Radice del Vento dove era impegnato in progetti sociali, “convinto che fosse necessario aiutare, senza distinzione di lingue e colori di pelle”.

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