“L’Ucraina ha abbattuto l’aereo russo nella regione di Belgorod con un missile Patriot”. È la sentenza con cui Vladimir Putin prova a chiudere, almeno in Russia, il caso relativo all’abbattimento dell’aereo Il-76, precipitato lo scorso 24 gennaio nella regione di Belgorod, non lontano dal confine con l’Ucraina.
Mosca da subito ha puntato il dito contro Kiev, ritenuta responsabile dell’abbattimento del velivolo e della morte di 65 prigionieri ucraini a bordo dell’aereo. La presenza dei militari ucraini, destinati ad uno scambio programmato, non è mai stata confermata da fonti indipendenti: i video e le foto diffusi su Telegram dal luogo del disastro hanno mostrato rottami, ma non cadaveri di decine di soldati ucraini.
Già in passato la Russia ha accusato Kiev di aver ucciso propri soldati. In particolare, secondo le autorità russe sarebbero stati missili ucraini a centrare 18 mesi fa un campo di prigionia a Olenivka, nel Donetsk. Le analisi compiute sull’episodio, sulla base soprattutto di immagini, hanno messo in dubbio la versione russa.
Dopo l’abbattimento dell’Il-76, Kiev inizialmente ha rivendicato l’azione affermando che sull’aereo venivano trasportati missili S-300. Le informazioni diffuse dal quotidiano Ukrainska Pravda e attribuite a anonime fonti dell’esercito, però, sono state rimosse dall’articolo. Successivamente, nel giro di poche ore, l’Ucraina ha adottato una posizione più prudente, limitandosi a fare riferimento ad uno scambio di prigionieri programmato.
L’intelligence del ministero della Difesa ha reso noto che il 24 gennaio “doveva esserci uno scambio di prigionieri, cosa che non è avvenuta. Al momento non abbiamo informazioni su chi fosse a bordo dell’aereo e quali fossero i numeri. Secondo gli accordi, la sicurezza dei nostri difensori doveva essere garantita dalla parte russa”. I vertici militari hanno ribadito che i velivoli nella regione di Belgorod vanno considerati obiettivi legittimi: nessuna ammissione esplicita, però, in relazione all’Il-76.
L’episodio ha da subito offerto a Mosca una nuova occasione per chiamare in causa i partner occidentali dell’Ucraina. Andrey Kartapolov, presidente della Commissione Difesa della Duma, già il 24 gennaio ha affermato che l’abbattimento è riconducibile all’uso di missili Patriot statunitensi o ai sistemi IRIS-T tedeschi: nessuna prova, però, è stata fornita. Oggi Putin ha fatto riferimento agli esiti di un’inchiesta coordinata da Mosca. Kiev avrebbe usato un missile Patriot. Secondo analisi e esperti, però, non risultano Patriot presenti nelle zone di confine con la Russia. Da escludere con maggiore convinzione l’impiego di un IRIS-T, visto il raggio d’azione limitato.
Quindi, è impossibile che l’Ucraina abbia effettivamente abbattuto un aereo russo con prigionieri a bordo? I militari di Kiev tornati a casa in questi mesi, dopo periodi di prigionia, hanno fatto riferimento soprattutto a trasferimenti in treno e pullman. L’impiego di un aereo in una zona sensibile appare azzardato. Non si può escludere, però, che l’Il-76 facesse parte dell’operazione concordata. Un aereo di tali dimensioni, privo di difese, in qualsiasi momento sarebbe destinato a diventare un obiettivo in una regione come quella di Belgorod già interessata da azioni di Kiev.
L’assenza di comunicazioni tra le due parti, in sostanza, avrebbe potuto spingere le forze armate ucraine a colpire il bersaglio grosso, mai abbattuto in 2 anni di guerra. L’attacco sarebbe compatibile con il copione a cui si assiste da settimane. All’inizio dell’anno, Kiev ha rivendicato l’abbattimento di un A-50 – uno dei più moderni velivoli russi per controllo e ricognizione – sul Mare di Azov. In assenza di ammissioni da parte di Mosca, gli analisti ipotizzano che nella circostanza siano stati utilizzati missili Patriot.
Qualcosa non torna
Nell’analisi della si, trovano spazio anche le considerazioni relative al personale russo che sarebbe stato presente – secondo Mosca – sull’aereo con i prigionieri. I 65 militari ucraini sarebbero stati accompagnati da 3 uomini incaricati di gestire l’operazione. Il rapporto di 1 a 22 non appare coerente con la prassi seguita generalmente negli scambi di prigionieri. Fonti militari ucraine evidenziano che, come appurato sinora, la Russia destina un uomo di ‘scorta’ ogni 2-3 prigionieri in base al numero dei militari ucraini coinvolti nell’operazione.
I media russi hanno diffuso una lista di nomi che corrisponderebbero ai prigionieri morti. Secondo i media ucraini, l’elenco conterrebbe evidenti anomalie: alcuni nomi sarebbero relativi a militari che sono stati riconsegnati all’Ucraina in uno scambio completato il 3 gennaio. La lista delle vittime del 24 gennaio, quindi, sarebbe quantomeno poco accurata.
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