Alessia Pifferi: sospetti su altre due psicologhe

Concesso il rinvio del controesame dello psichiatra Elvezio Pirfo, che ha firmato la relazione richiesta dai giudici della Corte d’Assise di Milano nell’ambito del processo ad Alessia Pifferi, imputata per l’omicidio della figlia Diana. La difesa ha chiesto tempo per visionare la perizia. L’udienza è stata rinviata al 15 marzo. La sentenza prima dell’estate.

Indagate le due psicologhe del carcere

La perizia psichiatrica ha stabilito che “al momento dei fatti (Alessia Pifferi, ndr) era capace di intendere e di volere”. Il Pm di Milano Francesco De Tommasi ha poi indagato le due psicologhe del carcere. I reati sono falso e favoreggiamento per alcuni colloqui a San Vittore.

“L’intervento delle due psicologhe a mio avviso non era appropriato”. Il test di Wais “va letto in questa prospettiva”, ha spiegato Pirfo. Per l’esperto non è possibile stabilire se Pifferi sia stata “influenzata” da un intervento, non consueto, delle due psicologhe. I colloqui non sono stati video registrati, “quindi non è possibile ricostruire il clima”, né le risposte sarebbero state riportate in modo completo.

“Non sono in grado di dire se c’è stato condizionamento, ma sì di apprendimento: certe risposte della Pifferi restituiscono la capacità di comprendere e riutilizzare le parole delle psicologhe”. Il ritratto che lo psichiatra restituisce è quello di una persona che si sente “perennemente inadeguata” che restituisce “una confusione identitaria, una persona incompiuta” dove la dimensione di madre “è una dimensione secondaria nella costruzione identitaria della Pifferi. Mi è parso che la sua dimensione sia quello di una maternità vissuta come obbligo o fatica, non che gratifica o rende compiuta una persona”.

Il presunto abuso sarebbe stato suggerito all’imputata

“Se la finalità del rinvio è quella di introdurre nel processo ulteriori argomenti per sezionare la mente dell’imputata, vi prego di rigettare: è stato fatto tutto. Se la finalità del rinvio è di insistere sulla nota relazione, vi preannuncio che posso fornirvi nero su bianco la prova che l’imputata ha reso, nei colloqui con il perito, dichiarazioni precostituite che sono state ‘imbeccate’ da altre persone; posso fornirvi la prova, nero su bianco, che il presunto abuso subito da minorenne è assolutamente falso ed è frutto di un suggerimento ben preciso dato all’imputata”, ha affermato in aula il pm Francesco De Tommasi che ha definito assolutamente “pretestuosa” la richiesta della difesa di Alessia Pifferi di chiedere un rinvio per il controesame dello psichiatra che ha firmato la relazione chiesta dai giudici della Corte d’Assise di Milano.

“Se qualcuno ha imbeccato la Pifferi non sono stata io: penso che il pm stia parlando di un’indagine parallela che nulla ha a che fare con questo procedimento, lui insiste ma quello non c’entra nulla con la Pifferi”, ha detto Alessia Pontenani, il legale che difende Pifferi.

La difesa ha riferito che Pifferi “ha pianto quando ha saputo dell’esito della perizia” che l’ha definita capace di intendere e di volere al momento dei fatti. “Ha avuto una vita dura, difficile, travagliata, è una persona dipendente affettivamente, è una persona priva di empatia, ma ha pianto perché non vuole che la gente la descriva come un mostro: lei dice che ha abbandonato la bambina, ma non voleva ucciderla quindi che l’ha fatto inconsapevolmente”, ha concluso l’avvocatessa

Nella presunta “rete criminale” ci sarebbero più psicologhe

Intanto si parla dell’ombra di una “rete criminale” che vedrebbe protagoniste le due psicologhe indagate per falso ideologico e favoreggiamento. Da quanto emerge, infatti, oltre alle due psicologhe del carcere di San Vittore già oggetto di perquisizione, c’è una terza collega che avrebbe partecipato al test di Wais senza tuttavia lasciare traccia in alcuna relazione.

Soprattutto ci sarebbe una quarta psicologa che, senza aver varcato l’ingresso della casa circondariale, avrebbe visionato la relazione al centro dell’acceso scontro tra accusa e difesa.

L’attività della procura si sta concentrando non solo sui documenti acquisiti negli uffici delle due psicologhe indagate, ma anche per ricostruire quale movente avrebbe mosso le specialiste e quali e quante pazienti possano essere state interessate da relazioni su cui la procura pone dei dubbi.

(Screenshot IG)

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