In tema di criptoattività il 2022 è cominciato seguendo la tendenza già manifestatasi negli anni precedenti . Da un lato, infatti, non cessa l’interesse dei singoli investitori nei confronti di queste attività finanziarie, nonostante i loro frequenti episodi di volatilità delle quotazioni e il connesso grado di rischiosità. Dall’altro continua l’attenzione dei Governi e delle Banche Centrali dei principali Paesi verso questo fenomeno, in attesa di una loro regolamentazione certamente non semplice da attuare, come anche sembrerebbero dimostrare i tempi relativamente lunghi richiesti per l’approvazione in ambito europeo delle proposta della Commissione Europea del settembre 2020, denominata MiCa – Markets in Cryptoassets.
Nel frattempo la pubblicazione, curata dalla Law Library del Congresso degli Stati Uniti, del Rapporto “Regulation of Cryptocurrency around the world”, nel suo recente, ultimo aggiornamento, ci informa che, se vi sono sporadici esempi di Paesi che hanno riconosciuto valore legale al bitcoin come El Salvador, sono aumentati a 9 le nazioni in cui esiste il divieto assoluto del loro uso. In questo ristretto numero spicca il caso della Cina, sicuramente orientata a questa posizione negativa, principalmente da motivi di controllo centralizzato delle transazioni finanziarie e di salvaguardia della propria sovranità monetaria. Quanto agli altri 8 Paesi, in cui è stato proclamato ufficialmente il bando assoluto dell’uso dei bitcoin, oltre alle ragioni addotte per il gigante asiatico, sussiste il motivo di seguire rigidamente i principi della finanza islamica, secondo la quale, tra l’altro, sono inammissibili le attività finanziarie a carattere speculativo e l’applicazione dei tassi d’interesse.
Risulta ben più nutrito, invece, l’elenco degli Stati, in cui viene impedito alle banche e agli altri intermediari finanziari di trattare criptoattività e di offrire servizi ad esse connessi; un numero, che è cresciuto nell’ultimo quadriennio da 15 a 42 unità.
Ed ancora più numerosa è, infine, la lista dei Paesi in cui il legislatore nazionale ha preso in considerazione le differenti tipologie di cripto attività, almeno, sotto uno dei seguenti profili: fiscale, prevenzione e contrasto del riciclaggio di danaro sporco e del finanziamento del terrorismo. Un mix di comportamenti, adottati in oltre 100 nazioni , e che, almeno nel primo caso, quello della tassazione, significa, comunque, inchinarsi al compromesso del fascino del business delle blockchain.