ANoM è l’App più utilizzata dai criminali. Ma appartiene all’FBI

Centinaia di quelli che possiamo definire “supercriminali” come boss della malavita, dei cartelli della droga, commercianti di armi, assassini e tanti altri brutti ceffi, da circa tre anni utilizzavano tutti un’app chiamata ANoM.

Quest’App era falsamente criptata, creata dall’Fbi con la copertura di una società di facciata che è poi stata fatta circolare tra gli ambienti criminali. Così sempre più persone hanno cominciato ad usarla. L’operazione ha coinvolto un totale di 15 paesi, tra cui Paesi UE, Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Una volta installata sui telefoni cellulari dei criminali, l’applicazione ha dato accesso agli investigatori a tutto il loro contenuto.

I 27 milioni di messaggi inviati su ANoM e a disposizione delle autorità hanno richiesto 18 mesi per essere esaminati. L’App veniva consigliata dai criminali ad altri criminali, queste figure della criminalità organizzata, definiti “influencer criminali” da Reece Kershaw, capo dell’Australian Federal Police, ne garantivano dunque l’integrità.

In un solo giorno, l’operazione ha portato a ben 800 arresti; sono state sequestrate più di 30 tonnellate di sostanze stupefacenti e 250 armi da fuoco. Oltre che 48 milioni di dollari tra valute nazionali di vari paesi e criptovalute. Secondo le Autorità australiane la maggior parte delle persone fermate fa parte di bande di criminali, della mafia australiana e di organizzazioni criminali asiatiche. In più l’App è anche servita a scoprire sei laboratori clandestini e a impedire operazioni di riciclaggio di denaro in tutto il mondo.

Chi utilizzava ANoM

Tra le persone arrestate c’erano presunti membri della mafia italiana con sede in Australia,  criminalità organizzata albanese,  bande di motociclisti fuorilegge, cartelli della droga e altri gruppi di criminalità organizzata. ANoM consisteva in un’app di messaggistica in esecuzione su smartphone. Appositamente modificata per disabilitare funzioni normali come telefonia vocale, e-mail o servizi di localizzazione, dopo aver verificato che la normale funzionalità fosse disabilitata, le App di messaggistica comunicavano tra loro tramite server proxy presumibilmente sicuri. Poi copiavano tutti i messaggi inviati a server controllati dall’FBI.  L’FBI  quindi decifrava i messaggi con una chiave privata associata al messaggio, senza mai aver bisogno dell’accesso remoto ai dispositivi.

ANoM aveva anche un numero identificativo fisso assegnato a ciascun utente, che permetteva di collegare tra loro i messaggi provenienti dallo stesso utente.

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