Su disposizione dell’autorità giudiziaria di Monza i Carabinieri della Stazione di Besana in Brianza (MB) hanno eseguito il sequestro preventivo di una farmacia di Renate (MB), già nota alle cronache poiché nell’ultimo mese era stata chiusa per mancanza dei requisiti sanitari della titolare 42enne e del fratello-collaboratore 44enne i quali, non avendo assolto l’obbligo vaccinale, erano stati sospesi dall’Ordine dei farmacisti.
In particolare, tra la fine dello scorso mese di dicembre e l’inizio di questo mese a più riprese la farmacia aveva ricevuto le visite dell’Arma e della Commissione Ispettiva delle Farmacie ATS Brianza che, non solo avevano accertato il mancato assolvimento dell’obbligo vaccinale da parte dei due fratelli ma avevano anche appurato che, nonostante la sospensione, gli stessi continuavano a esercitare l’attività. Attualmente però la farmacia era in procinto di essere riaperta in quanto, a carico dei due fratelli, non risultavano più in essere i provvedimenti di sospensione benché per l’uomo la situazione risulti tuttora da approfondire alla luce del fatto che non è possibile ricevere la somministrazione di una dose vaccinale appena undici giorni dopo essersi negativizzati dalla malattia.
Gli accertamenti avevano permesso di far emergere che quel tampone era falso poiché né il laboratorio di Monza inizialmente indicato, né quello di Carate Brianza, successivamente comunicato nel tentativo di aggiustare la faccenda, avevano mai ricevuto e analizzato detto tampone. I militari avevano quindi proceduto a fare un accesso congiunto con i colleghi del NAS di Milano sequestrando varia documentazione e materiale informatico.
Oggi, dopo il sequestro del materiale informatico presente all’interno della farmacia, la nomina di consulenti tecnici e una ancora parziale analisi dei dati informatici, le indagini coordinate dalla Procura delle Repubblica di Monza hanno permesso di accertare che sono falsi almeno altri 15 tra referti e dichiarazioni di aver sottoposto ad analisi i tamponi con esito negativo da parte della farmacia. La gravità di tale condotta è evidente visto che è in corso da quasi due anni una pandemia e che l’esito negativo falso di un tampone ha conseguenze gravissime in termini di diffusione del virus da parte di soggetti potenzialmente positivi, che circolano liberamente (e che in tal modo ottengono anche il green pass). Addirittura in un caso è stata accertata la falsità di un prelievo volto alla ricerca dell’antigene prostatico per la diagnosi dello stato di un paziente che era stato affetto da tumore.
In relazione a quanto accertato, sussistendo un concreto e attuale pericolo che giustifica l’esecuzione della misura cautelare in argomento e atteso che, la libera disponibilità della farmacia, con prosecuzione della somministrazione di medicinali e di tamponi per la ricerca del Covid, possa aggravare le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri, è stato ritenuto doveroso impedire la prosecuzione dell’attività di falsificazione.
Alla luce dei numerosi referti falsi accertati, non può farsi affidamento sulla correttezza dell’operato degli indagati che, peraltro, non solo non hanno offerto alcuna collaborazione agli inquirenti, rifiutandosi persino di firmare gli atti dei Carabinieri e di lasciar visionare loro l’inventario della merce presente in farmacia, ma hanno posto in essere condotte inquadrabili come minaccia, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale.
I due farmacisti sono oggi entrambi indagati per falsità ideologica e materiale in atti pubblici e in certificati, inosservanza dei provvedimenti dell’autorità ed esercizio abusivo della professione di farmacista.