Armi italiane all’estero: un business che non conosce crisi

Al 4 novembre del 2022 i cosiddetti finanziamenti dei Piani di risposta umanitaria (Piani HRP) per i Paesi colpiti da conflitti peggiori per l’infanzia del 2021,  erano finanziati in media solo al 43%, lasciando milioni di bambini senza accesso a beni di prima necessità salvavita come l’assistenza sanitaria e il cibo, oltre che ai servizi di istruzione e protezione.

Al 4 novembre del 2022 i dati riportano ancora delle forti diseguaglianze vedi ad esempio l’HRP della Siria che era finanziato solo al 27,5%, mentre quello del Myanmar solo al 22,5%. L’appello aggiornato dell’Ucraina, invece, era finanziato al 68,1%.

Dai dati riportati nella seconda versione della Relazione governativa presentata a Camera e Senato (Relazione annuale al Parlamento sull’export di armamenti) si evince che nel 2021, anno ampiamente segnato dall’emergenza pandemica a causa del Covid-19, le aziende militari italiane, contrariamente a molte aziende che hanno addirittura dovuto chiudere i battenti, hanno lavorato a pieno ritmo, esportando nel mondo armamenti per un controvalore che costituisce un record storico, pari a quasi 4,8 miliardi di euro.

Tra i maggiori destinatari di sistemi militari “made in Italy” figurano il Qatar (958.849.653 euro), Kuwait (875.393.504 euro), Egitto (773.289.163 euro), Turkmenistan (378.470.352 euro) tutti Paesi che, come noto, non primeggiano certo per alti livelli di democrazia e di rispetto dei diritti umani.

Seguono Regno Unito (233.466.565 euro), Stati Uniti (223.451.692 euro), Francia (148.001.753 euro), Arabia Saudita (135.844.327 euro) e Emirati Arabi Uniti(122.460.394 euro) di poco preceduti dalla Germania (128.755.982 euro) e subito seguiti dal Pakistan(87.774.972 euro). 

Il primo destinatario delle nuove licenze per armamenti italiani è un paese del Medio Oriente, il Qatar, che con oltre 813 milioni di euro supera ampiamente gli Stati Uniti (763 milioni), la Francia (306 milioni) e la Germania (263 milioni).

Tra i principali acquirenti figurano anche il Pakistan (204 milioni), le Filippine (99 milioni), il Brasile (73 milioni), l’India (60 milioni), gli Emirati Arabi Uniti (56 milioni), la Malaysia (48 milioni), l’Arabia Saudita(47 milioni) e l’immancabile Egitto (35 milioni).

Più di 970 milioni di euro di licenze di esportazione (pari al 26,6%) riguarda l’Africa settentrionale e il Medio oriente: un dato preoccupante considerato che quest’area costituisce una delle zone di maggior tensione del mondo. Una zona in cui il Governo Draghi, come i suoi predecessori, ha dunque continuato a inviare armamenti con il beneplacito del Parlamento che raramente ha sollevato obiezioni. 

Nel 2021 il Ministero dell’Economia e delle Finanze avrebbe ricevuto segnalazioni dagli Istituti di credito per operazioni relative ad “esportazioni definitive” di armamenti per un ammontare di 5.056.602.050 euro a cui vanno aggiunti 1.166.058.341 euro per operazioni svolte in attuazione di Programmi intergovernativi di armamenti e 454.076.416 euro per le licenze globali.

Gli Istituti di credito e finanziari che hanno svolto operazioni, principalmente per incassi per conto delle aziende che sono loro clienti, ma anche per finanziamenti e garanzie, sono nell’ordine: Unicredit (2,8 miliardi), Intesa Sanpaolo (1,3 miliardi), BNP Paribas Succursale Italia (745 milioni) e BNP Paribas (117 milioni), Crédit Agricole (645 milioni), Sace (518 milioni), Bayerische Hypo und Vereinsbank (316 milioni), Deutsche Bank Spa (249 milioni) e Deutsche Bank AG (82 milioni), , Banco Santander (190 milioni), Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (82 milioni).

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