Il video di Beppe Grillo, dove difende a spada tratta il figlio accusato di stupro, assieme ad altri tre amici, ha fatto molto discutere, soprattutto sui social media. Dalle parole dell’ex comico si capisce, chiaramente, che mette alla gogna la vittima, continuando a giustificare la cultura dello stupro che, soprattutto nel nostro Paese, è molto diffusa. Quello che ha fatto Grillo ha un termine ben preciso: vittima blaming, cioè puntare il dito contro la vittima.
Il fondatore del Movimento 5 Stelle, durante il suo discorso, non cerca nemmeno di mascherare le sue accuse, mirate a screditare la credibilità e soprattutto la dignità della ragazza in questione: “Perché non li avete arrestati? Ce li avrei portati io in galera a calci nel culo. Non lo avete fatto perché vi siete resi conto che non è vero niente. Una persona che viene stuprata la mattina, al pomeriggio va in kitesurf e dopo otto giorni fa la denuncia. Vi è sembrato strano. Lo è”.
Proprio queste ultime parole hanno scatenato l’ira e l’indignazione delle donne che, purtroppo, hanno subito una violenza sessuale. In particolare, Eva Dal Canto, autrice femminista e Survivor, dal suo profilo Instagram, ha lanciato l’hashtag: #ilgiornodopo. Perché, come scrive sul suo post: “le/i sopravvissutə allo stupro e alle violenze raccontino quanto drammaticamente sia normale e diffuso non aver denunciato immediatamente”.
In molte hanno aderito e ognuna ha raccontato la propria storia, sottolineando cosa hanno fatto il giorno dopo della violenza: chi è andata al cinema con le amiche, chi è andata a scuola e chi al mare. Perché non tutte denunciano immediatamente, per alcune c’è bisogno di tempo per capire e accettare ciò che è appena accaduto e se questo è una motivazione per permettere a qualcuno di mettere in dubbio la propria verità, allora abbiamo seriamente un problema.