Bob Dylan: il grande poeta compie 80 anni; una vita alla musica e agli altri

È il 24 maggio 1941 quando a Duluth, nel Minnesota, nasce Robert Allen Zimmerman che per tutti, a partire dal 1962 diventerà per il mondo intero Bob Dylan. Divenuto uno dei personaggi icona della nostra contemporaneità, oltre la musica lo vede protagonista la scrittura, la pittura, la scultura e la poesia. Bob Dylan è l’arte fatta a persona. 

In più di sessant’anni di carriera, indossa infinite maschere senza mai travestirsi e senza mai nascondersi;  trascorre pochi anni nella sua città natale, prima di trasferirsi a New York e farsi conoscere con il nome d’arte intorno ai 20 anni al Greenwich Village e pubblicare il primo album con la Columbia Records nel 1962. Bob Dylan si consacrò definitivamente cantando nel 1963 affiancato dalla sua musa Joan Baez alla celebre marcia di Washington davanti agli occhi del grande Martin Luther King. Da lì in poi, la sua figura avrebbe solcato, accompagnandola come un ritornello, la storia della seconda parte del Novecento e del nuovo millennio.

Con 77 album pubblicati, più di 120 milioni di copie vendute, un premio Pulitzer e il Nobel per la Letteratura, Dylan ha cambiato per sempre la storia della musica contemporanea. E, ancora di più, quella del costume. Vince anche 10 Grammy Award, ma ancheun Oscar per  “Things Have Changed”, brano della colonna sonora del film Wonder Boys.

Bob Dylan, il suo singolo più lungo e l’incidente quasi mortale

Nel giugno 1965 uscì il singolo “Like a Rolling Stone”, che arrivò al secondo posto nella classifica americana e al quarto in quella inglese. Il brano lungo più di sei minuti, è la canzone che ha cambiato l’atteggiamento nei confronti di quello che poteva trasmettere una canzone e contravvenendo alle regole non scritte sulla breve durata. Con Like a Rolling Stone, Dylan ha riportato la musica degli anni sessanta alla sua più autentica forma stilistica tradizionale, elaborando sonorità nuove.

Il 29 luglio del 1966, mentre Bob Dylan guidava la sua Triumph Tiger T100 a pochi chilometri di distanza da Bearsville, nei pressi di Woodstock, ebbe un curioso incidente che ancora oggi è avvolto nel mistero. Sebbene molte biografie non ufficiali riportino il fatto in maniera differente, Bob Dylan stesso durante un’intervista dichiarò di aver semplicemente perso il controllo della sua moto. Questa vicenda diede origine a una serie di leggende metropolitane che divisero il mondo fra quelli che pensavano che fosse morto e quelli che pensavano che fosse ancora vivo. Le cause di questo incidente furono attribuite a uno dei seguenti motivi: guasto meccanico, droga, semplice distrazione, colpo di sonno, tentato suicidio. Sebbene la gravità delle ferite non sia mai stata pienamente confermata, Dylan dichiarò di essersi rotto alcune vertebre del collo. Commentando l’importanza dell’incidente, Dylan fece chiarezza su come sfruttò quell’occasione: “Quando ebbi l’incidente motociclistico; mi rialzai per riprendere i sensi, mi resi conto che stavo solo lavorando per tutte quelle sanguisughe. Non volevo farlo. In più avevo una famiglia e volevo solo vedere i miei bambini“.

Il tour mai concluso dal 1988

Nel 1978 si converte al cristianesimo evangelico  che porta con sé gli album gospel “Slow Train Coming” e “Saved“; poi nei primi Ottanta partecipa al maxi progetto benefico “We are the World” contro la carestia in Africa. Il cristianesimo è una parentesi, riabbraccerà più tardi la fede di Abramo. E nel 1988 parte il “Never Ending Tour“, ancora ufficialmente in corso, anche se l’ultimo concerto fin qui è del 2019. 

“Un cuore puro cha abbia qualcosa da dire”

Al suo 50esimo compleanno rilasciò un’intervista in merito alla musica e alle nuove generazioni. La sua risposta fu molto profonda: “La gente ne ha abbastanza. Ne ha troppe. Di fatto, se da oggi in poi nessuno scrivesse più canzoni il mondo non ne soffrirebbe. Non importa a nessuno. Ce n’è già a sufficienza di canzoni da ascoltare, per chi le vuole ascoltare. Si potrebbero spedire ad ogni uomo, donna e bambino della terra, cento dischi a ciascuno senza mai spedirne due copie uguali. Ce n’è a sufficienza di canzoni. A meno che non spunti fuori qualcuno con un cuore puro e qualcosa da dire. Allora è tutta un’altra storia“.

Anche nell’ultimo anno, quello del coronavirus, Bob Dylan si è dato da fare e ha sfornato “Rough and Rowdy Ways” il suo 39esimo album in studio pubblicato il 19 giugno 2020 e preceduto dai singoli “Murder Most Foul“, “I Contain Multitudes” e “False Prophet“. In più il prossimo 30 novembre sarà inaugurata la mostra “Bob Dylan: Retrospectrum” al Patricia and Phillip Frost Art Museum di Miami in coincidenza con la Settimana dell’Arte che ogni anno si tiene nella città della Florida; la retrospettiva di circa 120 opere, riprende quella dedicata a Dylan dal Museo di Arte Moderna di Shanghai nel 2019 e che all’epoca risultò la più visitata dell’anno per la metropoli cinese con centinaia di migliaia di biglietti venduti.
Ho visto il catalogo e deciso che avremmo dovuto portarla in America“, ha spiegato il direttore del Frost, Mark Rosenberg.
Per la tappa di Miami la mostra di Shanghai è stata arricchita da nuovi dipinti creati durante i mesi della pandemia che si sono rivelati particolarmente produttivi per Bob Dylan.

Non ci resta che augurare buon compleanno all’arte fatta in persona e di tornare presto a risentirlo dal vivo. Auguri Bob.

Per informazioni scrivere a: info@tfnews.it