La Corte d’Assise di Bergamo ha negato l’accesso ai reperti ai legali di Massimo Bossetti. L’uomo come noto è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio.
L’ira dei legali, “lottiamo contro qualcosa più grosso di noi”
“Questo è il nostro Paese, che dire? – dichiara a Telelombardia Claudio Salvagni, legale di Bossetti -. C’è un giudizio di rinvio della Cassazione molto chiaro che è stato nuovamente disatteso. Ottenere le cose più banali in Italia sembra la cosa più difficile al mondo. Ottenere giustizia sembra veramente qualcosa di incredibile. Io non voglio usare parole tratte dal libro ‘Il sistema’ ma penso che stiamo veramente lottando contro qualcosa più grosso di noi“.
E aggiunge: “La cosa che voglio stigmatizzare da subito, non avevo detto prima per rispetto della Corte, però c’era stata una richiesta di trasmissione degli atti dalla Procura di Bergamo alla Procura di Venezia in quanto gli avvocati avrebbero calunniato la Procura stessa. Quindi un ennesimo tentativo di imbavagliare, di zittire la difesa molto molto grave che a questo punto vedrà anche la difesa passare al contrattacco“. E spiega ancora: “La Procura di Bergamo ritiene che le nostre parole e i nostri scritti siano calunniosi. Cioè noi avremmo accusato sapendo l’innocenza, avremmo accusato di reati la Procura di Bergamo. Noi siamo degli avvocati, scriviamo e parliamo in nome e per conto del nostro cliente, e adesso andiamo fino in fondo per vedere chi ha fatto cosa e dove sono le responsabilità“.
Un nuovo ricorso?
Alla domanda su un possibile ricorso, Salvagni risponde: “Non ho ancora letto le motivazioni, le analizzeremo io e il mio collega Paolo Camporini e poi decideremo”. E termina il commento al no della Corte d’Assise di Bergamo: “C’è un no assoluto su tutto. E voglio chiudere dicendo che a pensar male si fa peccato, ma a questo punto direi che è proprio il minimo quello di pensare male”.