Il Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri di Cuneo, attraverso un’indagine coordinata dalla DDA di Torino, ha condotto un’operazione scaturita da attività illecite svolte dalla “Olmo Bruno Srl” di Magliano Alfieri (CN).
Il Gip ha disposto per 11 indagati le misure cautelari degli arresti domiciliari con obbligo di firma. In aggiunta, sono state effettuate delle perquisizioni su 18 obiettivi tra: sedi aziendali, laboratori chimici e dimore private. Posti a sequestro penale anche l’area aziendale (2 ettari e due capannoni) e 40 ettari circa di terreni agricoli nelle province di Asti, Cuneo e Torino, su cui è stato osservato lo spandimento illecito di “falso compost”.
Le indagini hanno avuto inizio a seguito di diverse segnalazioni da parte dei cittadini che lamentavano la presenza di odori molesti provenire da quelle zone. Sempre attraverso le indagini, si è appreso che alcune segnalazioni erano state effettuate da alcuni degli indagati per escludere possibili concorrenti dal loro “business”.
CC Forestali Cuneo, le indagini
La società in questione, la Olmo Bruno Srl, tratta fanghi di impianti di depurazione di acque reflue con lo scopo di produrre compost per l’uso agricolo. La stessa, fa parte del Gruppo Egea, attiva nel settore ambientale ed energetico. Possiede un impianto di compostaggio autorizzato alla produzione di 42mila tonnellate annue di compost. I fanghi, autorizzati, dovevano essere sottoposti a cicli di lavorazione non inferiori a 90 giorni per abbattere la carica microbica.
I rifiuti venivano invece distribuiti in campo senza alcun tipo di trattamento e miscelazione col verde. Il fatto permetteva di abbattere i costi di gestione e incrementare invece i quantitativi gestiti. Informazioni che sono emerse attraverso le intercettazioni telefoniche e ambientali dei CC forestali. La società, attraverso questo metodo, invece di pagare, in qualità di ammendante agricolo, riceveva un compenso che andava dai 7 ai 10 euro a tonnellata. Un profitto che ammonterebbe a 1.500.000 euro l’anno.
L’attività investigativa ha documentato che i “rifiuti” provenienti dall’impianto di Magliano Alfieri venivano incorporati il prima possibile con le lavorazioni dei campi o semplicemente “nascosti” con un sottile strato di terreno vegetale. La principale preoccupazione era quella di piazzare i fanghi non trattati o non adeguatamente trattati, ovvero smaltire quelli che, per gli inquirenti, sono risultati veri e propri rifiuti.
Un lavoro permesso grazie anche ad alcuni laboratori che fornivano all’azienda analisi di routine, falsificando gli esami analitici dei prodotti della società ma anche dei fanghi in entrata provenienti da depuratori di altre al fine di farli rientrare nei limiti di legge. Il reato principalmente contestato è quello di traffico illecito ed organizzato di ingenti quantitativi di rifiuti.