Si chiama “Da sempre” e racconta il Corteo Storico di Orvieto e il Miracolo Eucaristico di Bolsena in una rivisitazione dal taglio dell’autore regista, Giovanni Bufalini, avvincente e originale. Abbiamo parlato di questo film, prodotto da Acume e con il supporto anche dal Comune di Orvieto, insieme al regista e con l’attore protagonista
Stefano Chiodaroli.
“Un evento antico che per una volta l’anno unisce la città”. Bufalini, il suo è un racconto se vogliamo dall’interno perché nella città di Orvieto affondano le sue stesse radici. Qual è il suo ricordo più importante legato ai giorni del Corpus Domini? E quanto del suo sentire rispetto a questo evento strepitoso ha messo nel suo film? Credo che il suo essere parte di questo ambiente abbia fatto la differenza, al netto del suo talento e delle sue grandi competenze…
Sono un orvietano che vive lontano da Orvieto. I miei ricordi più importanti legati al Corpus Domini sono senz’altro quelli della realizzazione del film. Tre anni di duro lavoro per le riprese delle ultime edizioni del Corteo Storico, le più difficili da quando fu creato negli anni Cinquanta. Questo film è una grande dichiarazione d’amore per la mia città, della sua millenaria bellezza e anche delle sue contraddizioni, stemperata con un po’ di sana ironia per non prendersi mai troppo sul serio.
Tutte le storie, nei film e non solo, hanno ovviamente più livelli, ma possono, allo stesso modo, individuare dei grandi temi dentro la narrazione. Qui si racconta la grande storia di Orvieto e poi, andando più a fondo, che altro?
“Da Sempre” è la mia visione personale dell’evento identitario del Corpus Domini in Orvieto. Del Miracolo Eucaristico prima e della sua celebrazione antica tra fede, arte, e cultura poi che per una volta l’anno unisce, anche nella grandi difficoltà che ci siamo trovati a vivere in questi anni, una intera città storicamente in conflitto.
Dopo gli incensi, notoriamente, anche le polemiche. Il film è stato proiettato sabato 8 gennaio proprio a Orvieto in premiere. Gli apprezzamenti sono stati moltissimi, ma sono giunte anche le critiche in città. In particolare più di una persona ha notato una mancata allocazione o insomma uno spazio limitato nel film per quelli che sono stati i personaggi che hanno fatto la storia del Corteo Storico orvietano. E mi riferisco a Lea Pacini, ideatrice del Corteo, insieme a Nicoletta De Angelis che ha creato il Corteo delle Dame, ma anche a Marcello Conticelli e a scalare tutti gli artigiani che hanno collaborato a fare grande l’evento. Come risponde a questo appunto?
Grazie per la domanda, le critiche sono sempre bene accette ma chi afferma questo non ha visto il film o non ne ha capito il senso. In questi giorni, dopo l’anteprima al Teatro Mancinelli strapieno ma al cospetto comunque solo di una piccola parte della città di Orvieto, sono state moltissime le dimostrazioni di affetto, gratitudine e apprezzamento, sia da parte di chi il Corteo lo fa da una vita che dei concittadini e dei forestieri presenti in sala. La stampa lo sta accogliendo bene, il Comune di Orvieto e i club societari Rotary e Lions, quelli che hanno contribuito al finanziamento del film, si sono espressi favorevolmente rispetto al nostro lavoro. Questo è quello che conta e ripaga dei grandissimi sforzi intrapresi in questi tre lunghi anni da tutta la squadra al completo. Senza qualche piccola polemica però del resto non sarebbe Orvieto. Il film indipendente che siamo riusciti a produrre doveva essere comprensibile a tutti, non solo agli orvietani. Per questo, non è uno spot esaustivo del Corteo Storico ne tantomeno dell’Associazione Lea Pacini, una tra gli altri che ci hanno supportato. Per non rovinare la visione, non entrerò nel merito di quanto siano raccontate, e ovviamente lo sono, la Signora Lea Pacini e la recentemente scomparsa Nicoletta De Angelis. Ho dovuto fare delle scelte di drammaturgia però, altrimenti un’ora e mezza non sarebbe bastata per raccontare i tanti protagonisti della storia. Ci sono già molti servizi di approfondimento per quello, negli archivi delle varie testate giornalistiche. Ognuno lo avrebbe potuto narrare in modo diverso ma del resto il punto di vista è sempre quello del regista.
Mio compito come narratore era dare voce ai vari personaggi orvietani che ho scelto come simbolici anche di quei conflitti che rendono una storia degna di nota. Ho lasciato dunque agli intervistati di raccontare i propri riferimenti personali, senza imbeccare nessuno con gli argomenti da trattare o le persone da citare. Quel che è stato detto da tutti loro, è quello che rimane nel film. Il fatto di aver ricevuto poi richieste di “smussare” alcune delle dichiarazioni rilasciate liberamente, non fa che dimostrare a me stesso di aver fatto la scelta giusta. In questa logica, è assolutamente coerente il mio mettere in scena nella ricostruzione storica medioevale, a fianco dei due attori protagonisti Stefano Chiodaroli e Andrea Brugnera, anche alcuni cittadini orvietani scelti per una loro aderenza ai personaggi ma che attori non sono. Esattamente come – è raccontato nel film – si faceva già nel Dramma Sacro dall’antichità. Il film non è ancora uscito al cinema, ma se smuove già così dopo l’anteprima non posso che
esserne contento. Aspettiamo ora tutti quanti in sala per venire a vederlo, forse già a fine gennaio, ognuno con la propria sensibilità.
Stefano Chiodaroli ha indossato gli abiti del Corteo storico da non orvietano. Cosa le è rimasto addosso di questo racconto e come racconterebbe questa esperienza?
Orvieto è sempre stata nei racconti di mio padre quando ero bambino: qui ha svolto il servizio militare, prima di essere un ricordo era un posto mitologico dove il papà era soldato. Non mi sento un non Orvietano. La bellezza, la cultura e la storia custodite qui rendono questo borgo mondiale e un “forestiero” come me che condivide questi valori, qui si sente a casa. Sono stati tre anni intensi, di viaggio, lavoro, amicizia; questa non è mai stata la città da ricordare ma il posto dove tornare. Avete conservato bene la tradizione nel suo pieno significato: non la cosa che passa , ma quella che rimane. Non ho vestito un costume da cavaliere, lo sono stato. È questa la magia di Orvieto.
Come attore, Chiodaroli, quanto crede che la cinematografia possa fare per la salvaguardia della nostra cultura e delle nostre radici? C’è dal suo punto di vista questa mission nel cinema italiano di oggi?
Il cinema può fare molto per la tradizione, attraverso le immagini può andare oltre il concetto di documentario e nutrire il mito rappresentandolo, anche attraverso la finzione. Il Cinema italiano è invischiato nelle logiche commerciali di produzione, distribuzione, proiezione; mi è capitato di assistere a una conversazione accesa tra un direttore di una sala e i suoi collaboratori, discutevano su quanti cubetti di ghiaccio si dovessero mettere nella Pepsi al fine di un lucro maggiore. L’attenzione per la tradizione deve discendere da una volontà politica forte che indirizzi risorse in supporto di una Cinematografia che altrimenti saprebbe solo fare film di Cassetta.
In ultimo, Bufalini, approfittiamo della sua viva voce per raccontare che anche questo film ha subito le conseguenze della pandemia. Come è stato lavorare in un contesto del genere e, andando ad allargare lo sguardo, quanto anche il cinema, dal suo punto di vista, ha sofferto e sta soffrendo per questa crisi planetaria?
Abbiamo iniziato le riprese del film nel 2019 quando la pandemia era ancora ignota, con una sceneggiatura scritta che poi il 2020 ha reso inutilizzabile. Per gli aiuti economici che sono poi venuti meno, e che non avevamo nemmeno più il coraggio di richiedere, c’erano solo due possibilità, fermarci e realizzare un cortometraggio con quello che avevamo fatto o andare avanti e raccontare quello che ora andava raccontato. Abbiamo scelto di farcela. Il nostro settore è tra quelli che ha sofferto e soffre maggiormente la pandemia, ma raccontiamo storie per mestiere e quelle di rivalsa sono da sempre le più appassionanti, per chi vuol stare ad ascoltare.
(foto di Marco Mandini)