Nella serata di ieri, 2 settembre, la Mostra del Cinema di Venezia ha accolto Paolo Sorrentino e il suo “È stata la mano di Dio“.
Per il regista italiano dopo la proiezione del film sono stati riservati 9 minuti di applausi: nel film, Sorrentino rielabora la scomparsa improvvisa della madre e del padre per un fuga di monossido.
“È stata la mano di Dio” è la storia di un ragazzo nella tumultuosa Napoli degli anni Ottanta. Il diciassettenne Fabietto Schisa è un ragazzo goffo che lotta per trovare il suo posto nel mondo; ma che trova gioia in una famiglia straordinaria e amante della vita. Fino a quando alcuni eventi cambiano tutto. Uno è l’arrivo a Napoli di una leggenda dello sport simile a un dio; l’idolo del calcio Maradona, che suscita in Fabietto, e nell’intera città, un orgoglio che un tempo sembrava impossibile.
L’altro è un drammatico incidente che farà toccare a Fabietto il fondo, indicandogli la strada per il suo futuro. Apparentemente salvato da Maradona, toccato dal caso o dalla mano di Dio, Fabietto lotta con la natura del destino; la confusione della perdita e l’inebriante libertà di essere vivi. Nel suo film più commovente e personale, Sorrentino accompagna il pubblico in un viaggio ricco di contrasti fra tragedia e commedia, amore e desiderio, assurdità e bellezza, mentre Fabietto trova l’unica via d’uscita dalla catastrofe totale attraverso la propria immaginazione.
Paolo Sorrentino racconta il suo film, nei cinema da questo mese di settembre, come un diario: “È stata la mano di Dio è un racconto di formazione che mira, stilisticamente, a evitare le trappole dell’autobiografia convenzionale: iperbole, vittimismo, pietà, compassione e indulgenza al dolore, attraverso una messa in scena semplice, scarna ed essenziale e con musica e fotografia neutre e sobrie. La macchina da presa compie un passo indietro per far parlare la vita di quegli anni, come li ricordo io, come li ho vissuti, sentiti. In poche parole, questo è un film sulla sensibilità. E in bilico sopra ogni cosa, così vicino eppure così lontano, c’è Maradona, quell’idolo spettrale, alto un metro e sessantacinque, che sembrava sostenere la vita di tutti a Napoli, o almeno la mia“.
Il regista ha poi dichiarato: “A un certo punto si fanno i bilanci; mi sono reso conto che nella mia vita di ragazzo c’era stata una grande parte di amore e una parte dolorosa, e tutto questo poteva essere declinato in un racconto per il cinema, indipendentemente dai miei bisogni. Ho l’età giusta per farlo, ho compiuto 50 anni l’anno scorso“.