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Cloe Bianco: l’ennesima vita spezzata a cui dovremmo chiedere scusa

Cosa siamo diventati e soprattutto in cosa ci stiamo trasformando? Cloe Bianco era una persona. Questo è il primo punto di cui dovremo parlare. Cloe Bianco ha deciso di uccidersi perchè ritenuta “sbagliata” da uno Stato che in primis doveva tutelarla. Uno Stato a cui versava le tasse, a cui dedicava  parte del suo tempo come insegnante. 

Cloe Bianco era una donna che aveva avuto la sfortuna di nascere in un corpo da uomo. 

Per lo Stato questa sfortuna è in realtà un sbaglio. Cloe insegnava fisica all’Istituto Mattei di San Donà di Piave, in provincia di Venezia. Sette anni fa, il 30 novembre del 2015, aveva deciso di presentarsi in classe in abiti femminili e fare coming out, spiegando ai suoi alunni perché, da quel giorno in poi, avrebbe indossato gli abiti da donna. 

La decisione di manifestare apertamente la sua omosessualità è stata la sua rovina. La mattina seguente, la professoressa  Cloe Bianco venne sospesa dall’insegnamento per un periodo di tre giorni, perché il suo comportamento venne ritenuto “né responsabile, né corretto” e fu assegnata ai lavori di segreteria, vietandole di continuare ad insegnare. Da allora, Cloe ha iniziato a portare avanti una battaglia per la propria identità di genere e a curare un blog: “PERsone TRANSgenere“.

Dove sono i valori cristiani?

Nemmeno i genitori degli alunni mostrarono empatia con Cloe, anzi furono proprio costoro  la causa di tutto.

Il padre di un alunno, in una lettera aperta rilanciata su Facebook dall’allora Assessore regionale all’Istruzione Elena Donazzan, in quota Fratelli d’Italia, ha scritto “Forse questo comportamento  può essere interpretato come un fatto normale per tanti, ma non per noi che viviamo quei valori che ci sono stati donati e che all’educazione dei nostri figli ci teniamo, lottando” –  sebbene –  “quotidianamente bersagliati  da chi quei valori vuole distruggere, teorie gender e quant’altro“.

L’Assessore Donazzan trasformò la questione in un suo cavallo di battaglia e all’indomani del coming out di Cloe affermò di essere “schifata dall’atteggiamento “del docente” – aggiungendo,  inoltre: “Se qualcuno vuole travestirsi da donna lo faccia a casa sua“.

Col tempo, Cloe si è allontanata dal suo lavoro e dai suoi affetti, soprattutto quando il Presidente  del Tribunale del lavoro di Venezia, pur –  “senza voler criticare una legittima scelta identitaria, sognata da Bianco dall’età di 5 anni” – stabilì che la sospensione di tre giorni inflitta dalla scuola alla professoressa era stata giusta, motivando la sentenza con il fatto che  “il coming out, in così breve tempo, senza preparare adeguatamente le scolaresche non era corretto“.

E così oggi ci ritroviamo a parlare di una persona che ha preferito la morte all’emarginazione. Una persona che, probabilmente,  è stata costretta ad uccidersi perchè non si è sentita adeguatamente tutelata dallo Stato.

Viviamo in un paese, in un mondo, in cui una leader di un Partito può permettersi di gridare –  “basta alle lobby LGBTQ, basta gender“. Un anno fa le venne domandato:  “Ma lei sa cosa vuol dire gender?” – e la “leader” ha replicato candidamente: “Ah guardi, io non l’ho mai capito bene.

Cloe Bianco non era sbagliata

Viviamo in un Paese in cui, si possono usare impunemente parole volgari e insulse contro una squadra di calcio o rivolte ad una donna, ma la cronaca è povera di episodi di persone che intervengono in difesa di un omosessuale che per la sua condizione rischia o subisce un pestaggio, verbale o peggio fisico, sebbene questa indifferenza della società è un evento frequente anche nei confronti di donne o di uomini che subiscono violenze anche per motivi diversi.

Viviamo in un Paese nel quale  ci viene insegnato il rispetto per l’altro, il dover porgere l’altra guancia, ma spesso capita di dover constatare che a questa regola di Civile solidarietà fanno eccezione donne e uomini che manifestano legittimamente il proprio modo di essere.

Cloe Bianco aveva annunciato a tutti che “questa vita non faceva più per lei”. Rileggete le sue ultime parole e cercate di trovare un momento buio della vostra vita. Trovatelo e provate a immaginarlo mille volte più potente e forse riuscirete a capire anche solo una minima parte di dolore che ha provato Cloe in questi ultimi anni della sua vita.

Subito dopo la pubblicazione di questo comunicato porrò in essere la mia autochiria, ancor più definibile come la mia libera morte. In quest’ultimo giorno ho festeggiato con un pasto sfizioso e ottimi nettari di Bacco, gustando per l’ultima volta vini e cibi che mi piacciono. Questa semplice festa della fine della mia vita è stata accompagnata dall’ascolto di buona musica nella mia piccola casa con le ruote, dove ora rimarrò. Ciò è il modo più aulico per vivere al meglio la mia vita e concluderla con lo stesso stile. Qui finisce tutto. Addio. Se mai qualcuna o qualcuno leggerà questo scritto“.

Addio Cloe, dal profondo del nostro cuore ti chiediamo scusa.

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