L’editoriale del Direttore
Questa mattina sta per avere inizio il settimo scrutinio a cui seguirà la settima conta. Una votazione che, però, a meno di decisioni prese della notte o delle primissime ore di oggi, si preannuncia ancora una volta non risolutiva e sufficiente per eleggere il Capo dello Stato.
In questi giorni si sono delineati i sintomi di forti e profonde spaccature nelle due coalizioni. Iniziamo dall’inatteso accordo raggiunto autonomamente e senza coinvolgere i compagni della coalizione, tra Giuseppe Conte e Matteo Salvini, in merito alla scelta di una donna candidata Presidente della Repubblica, scatenando l’inevitabile disappunto del Partito Democratico, di Leu, di Italia dei valori e di Forza Italia.
L’altro sintomo è la frattura all’interno del Centrodestra testimoniata da un comunicato notturno di Forza Italia, che avrebbe deciso che oggi voterà un proprio candidato individuato secondo le ultime notizie nella figura di Pierferdinando Casini. Una decisione probabilmente maturata sotto la spinta emotiva del deludente esito della candidatura della Presidente del Senato Elisabetta Maria Alberti Casellati, che non è riuscita a raccogliere,quantomeno, i voti di tutta la maggioranza che avrebbe dovuto sostenerla, nonostante le certezze paventate dal king maker Matteo Salvini.
Ma il sintomo più grave è quello che emerge dalla valanga di voti dal quale il Partito Democratico, secondo quanto annunciato dal proprio leader, si sarebbe dovuto astenere e che molto probabilmente insieme a qualche manciata di voti del Movimento5Stelle e di Leu, sono, viceversa, confluiti sul nome di Sergio Mattarella nell’ultima votazione della giornata di ieri, facendo raggiungere al Presidente uscente il ragguardevole risultato di 336 preferenze.
Sintomi che denotano un’insofferenza significativa da parte delle varie forze politiche e che mostrano come il Parlamento, in questo momento, sia vittima di una grave crisi politica, identitaria e di appartenenza e come i leader dei vari Partiti, col passare dei giorni, sembrino non siano più in grado di imporre un linea guida in cui gli scritti si riconoscano.
E’ la medesima crisi politica che un anno fa costrinse il Presidente della Repubblica uscente a dover forzare la nomina di un tecnico a capo dell’Esecutivo laddove il Parlamento da giorni non riusciva a convergere politicamente su un nome in qualità di candidato Premier.
In questi giorni sono stati fatti i nomi, soprattutto o solo dal Centrodestra, di figure tecniche e politiche di provata qualità ed esperienza che, tuttavia sono state respinte dal Centrosinistra e bruciate e dimenticate nel brevissimo tempo. Una circostanza che ha avuto il suo apice nella candidatura proposta ieri dal king-maker Matteo Salvini con il nome della seconda carica istituzionale dello Stato, la Presidente del Senato. L’esito della votazione, però, è stato improduttivo e nefasto, politicamente e mediaticamente, ma in serata l’irrefrenabile Salvini annuncia la volontà da parte del Centrodestra e successivamente confermata anche dai grillini, di voler cercare ancora una volta una nuova figura femminile per la guida del paese che sarebbe stata individuata nella persona dell’Ambasciatrice Elisabetta Belloni, attuale Capo del Dipartimento informazione sicurezza dello Stato. Ma a fronte del suo attuale incarico la nomina della Belloni è stata ritenuta inopportuna, sia da quella parte del del M5S afferente a Luigi Di Maio, in contrasto con Giuseppe Conte, sia da Matteo Renzi e Italia dei valori e sia da alcuni grandi elettori dello stesso Partito Democratico, di Leu e di Forza Italia. Quest’ultima ha annunciato per questa prima votazione l’astensione dal voto.
In sintesi Salvini e la Lega sempre più soli e isolati e in cerca di compagni di ventura che riescono a trovare in una parte del M5S fedele a Conte ma che a sua volta vive la frattura con il gruppo di Di Maio. Forza Italia decide di giocare in solitaria e cerca appoggi fuori dal Centrodestra ponendosi come unica alternativa centrista. Giorgia Meloni è la più ortodossa del Centrodestra ed è l’unica che ha sino a questo momento risparmiato pessime figure. Il Partito Democratico si dibatte tra chi vorrebbe Draghi al Quirinale e chi gli preferisce il ritorno di Mattarella. Gli altri della sinistra più o meno coesi.
Di certo chiunque riesca a sedere sulla poltrona drl Colle dovrà affrontare quanto meno un’analisi critica della maggioranza che sostiene l’attuale Governo che non sembra poter più contare sugli equilibri delle varie forze politiche sui quali è nata.
Sembra quanto meno ovvio che, a meno che la notte abbia portato buoni consigli, con questi presupposti la prima votazione di questa giornata non preluderà a un risultato di piena sufficienza per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica.