C’era una volta una piccola fanciulla chiamata Italia. Non molto lontano nel tempo le venne data la possibilità di diventare una Repubblica democratica fondata sul lavoro e le venne promesso che la sua sovranità sarebbe appartenuta al popolo, che l’avrebbe esercita nelle forme e nei limiti del grande libro buono a cui venne dato il titolo di “Costituzione“.
Alla piccola Italia venne chiarito che tutti i cittadini avrebbero avuto pari dignità sociale e sarebbero stati eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È le garantirono che sarebbe stato il compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, avrebbero impedito il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
La piccola Italia era felice e per l’importante debutto, il papà le organizzò un grande evento in costume a Palazzo Chigi. Vennero tutti per festeggiare la piccola Italia, da ogni parte del mondo fatato. Dall’isola che non c’è al regno di tanto lontano. Tutti volevano rendere omaggio alla nuova nata. Arrivarono anche tre fatine buone che le consegnarono regali importanti. La prima fatina le donò la bellezza per rendere i suoi paesaggi e le sue città un incanto; la seconda le donò un libro di ricette per far sì che tutti da quel momento in poi si ricordassero di come Italia cucinasse bene; la terza fatina le regalò l’ingegno, che avrebbe potuto condividere con i suoi amati concittadini.
Come detto alla festa c’erano proprio tutti, tranne uno: il mago cattivo. Lui si sentì offeso di non essere stato invitato alla festa e così decise di introdurvisi di nascosto.
Dopo che le tre fatine finirono di consegnare alla festeggiata i propri doni, il mago cattivo si alzò dalla sedia posta in fondo alla stanza è urlò: “Anche io ho un dono per la piccola Italia“. Inizialmente tutti pensarono che fosse un fotografo abusivo, ma poi quando iniziò ad avvicinarsi alla piccola lo riconobbero.
“Piccola Italia” – disse il mago cattivo – “voglio farti anche io un regalo, di quelli che non dimenticherai mai. Ti dono l’ansia di un Governo instabile, l’ansia di non sapere se chi governerà le tue splendide città sarà mai all’altezza. Ti dono l’insicurezza e ti dono una lingua, il politichese, ma soprattutto ti dono il bruciore di stomaco” e sfiorando la rosea guancia della piccola Italia, il mago cattivo sparì.
Tutti si preoccuparono per quanto avevano assistito mentre la piccola Italia ancora non capiva il significato di quello che le era appena accaduto. Subito si cercarono le tre fatine per capire se, con qualche alchimia, potessero contrastare la maledizione del mago cattivo, ma anche loro erano sparite nel nulla.
Da quel momento la vita di Italia cambiò. Niente più feste a palazzo, niente più grandi visite per lei, ma tanto lansoprazolo per contrastare l’acidità di stomaco e il reflusso gastroesofageo. Così, non ritenendo di essere più amata come sarebbe dovuto essere, negli anni a venire, Italia si è accompagnata da tantissimi uomini. Alcuni di malaffare, ma altri che in realtà l’amavano davvero, ma, purtroppo, non riuscirono a farglielo capire. Negli ultimi anni quella che una volta era una splendida bambina è divenuta una signora un po’ trasandata e che si è lasciata andare.
E gli uomini che le sono stati vicini non hanno fatto altro che usarla per poi buttarla via.
C’era chi le prometteva che si sarebbe occupato dell’ambiente, dell’immondizia, ma alla fine erano solo parole. C’è stato chi le aveva promesso che un milione dei suoi sudditi avrebbe avuto un lavoro, ma anche in quel caso nulla di fatto. C’è stato pure chi le ha detto che stava con lei solo perchè era stato il popolo a dirglielo e che si sarebbe preso il compito di risistemare tutto. “Purtoppo però” le aveva detto l’uomo “potrò stare con te solo per due mandati e poi me ne dovrò andare, perchè questo ha deciso PinoPino del pianeta Stella Piumata“. Italia disse “Ok gentiluomo. Se potrai stare con me per soli 10 anni va bene, ma ti prego non illudermi come hanno fatto già in tanti“
Ma, ahimè, Italia non aveva ancora capito quanto fosse grande la maledizione del mago cattivo. Nemmeno il Grande Saggio riusciva più a prevedere il futuro a causa delle innumerevoli folate di vento che facevano cambiare le direzioni delle bandiere. E anche in quel caso quando Italia ebbe la possibilità di poter avere un nuovo Grande Saggio che potesse aiutarla, si ritrovò immersa in un antico paradosso chiamato “il paradosso del paraculismo“.
Italia lo ricordava come il racconto di una vecchia leggenda che il padre le raccontava prima di andare a letto. “Il paradosso del paraculismo piccola mia” le raccontava il papà “è quello di nominare come Grande Saggio uomini o donne tanto per“. E quando alla fine Italia capì che ormai il suo regno stava andando alla deriva, supplicò e si inginocchiò davanti al Grande Saggio in carica chiedendogli di rimanere e non abbandonarla in quello stato perché altrimenti “per me sarebbe la fine Grande Saggio. L’uomo che ho al mio fianco in questo momento e che tu hai scelto per me, senza il tuo aiuto non potrà farcela . E nemmeno io“. E così il Grande Saggio decise di rimanere al fianco di Italia e del suo consorte.
E quando sembrava che qualcosa di buono stava per arrivare il mago cattivo ricompare. Ma questa volta non si palesò al cospetto di Italia, ma da alcuni membri della servitù. “Volete davvero smettere di lavorare a Palazzo dopo che saranno passati i due mandati? Stolti. Sapete le ricchezze che potrete avere rimanendo attaccati alle poltrone? Se decidete di rimanere” concluse il mago cattivo “vi prometto vitalizi più alti ma soprattutto che non dovrete più dividere il vostro stipendio con gli altri” sparendo poi tra gli applausi dello stadio.
Così ecco che il primo tarlo di dissenso si insinuò di nuovo a Palazzo. Un dissenso che poi ha portato malumori, rancori e, come promesso dal mago cattivo, ancora più bruciore di stomaco. Italia non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi cosa stava succedendo che si ritrovò di nuovo sola. “Mia cara” – le disse il suo consorte – “a seguito del venir meno della maggioranza di unità nazionale che ha appoggiato questo Regno sin dalla sua nascita mi trovo a dovermene andare. Ho comunicato la mia decisione anche al Grande Saggio che, però, mi ha detto di pensarci bene“.
Italia non riusciva a credere a quelle parole. Nella sua testa risuonavano solo i suoi pensieri “Un altro divorzio spiattellato in sesta pagina“.
Il suo consorte continuò il discorso del suo addio: “Lo scorso febbraio, il Grande Saggio mi affidò l’incarico di formare un Governo per affrontare le tre emergenze che tu mia amata aveva davanti: pandemica, economica, sociale. Un Governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica. Un Governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili. Tutti i principali partiti, con una sola eccezione, decisero di rispondere positivamente a quell’appello. In questi mesi, l’unità nazionale è stata la miglior garanzia della legittimità democratica di questo esecutivo e della sua efficacia.“
La povera Italia non riuscendo più ad ascoltare decide di scappare. Durante la sua corsa inciampò e ad aiutarla si ritrovò una donna che in realtà a Palazzo aveva visto poco. Era li che la guardava con quegli strani occhi castani. “E tu chi sei” chiese Italia alla donna. Lei avvicinandosi le rispose “Ciao Italia, io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana. Sono qui per aiutarti“.
Italia non sapeva come mai quella donna fosse così interessata a lei. “Grazie ma posso farcela da sola” rispose Italia. “Cara Italia” – incalzò la donna – “un anno fa dicevano che stavamo tornando nella fogna ed eravamo velleitari. Hai avuto tre Governi diversi, tre maggioranze diverse. Ce ne è uno che ha funzionato? No. La storia ci ha dato ragione. Perché gli unici Governi che funzionano sono quelli a maggioranza coesa.”
Gli sguardi delle due donne erano uno dentro l’altra. Solo le parole della donna risuonavano nel corridoio del Palazzo: “Anche i più immaginifici tra i massimi vertici delle istituzioni potrebbero non avere soluzioni. Ma sappi che io sono pronta“.
Italia non riuscì più ad ascoltare quelle parole e girando le spalle alla donna, continuò a correre. La sua corsa finì quando arrivò davanti alla porta del Grande Saggio. Bussò ed entrò. Trovò l’uomo seduto sulla sua seggiola con il volto tra le sue mani.
“Grande Saggio ora cosa facciamo” chiese Italia. “Piccola mia. Non ne ho idea. A te interessano un milione di alberi all’anno? Comunque non ci resta che aspettare il 25 settembre.“