Da Kabul a Roma, Arezu e Ghazal: sorelle, giornaliste, fuggite da Herat

Ogni passeggero ha una storia di lotta e difficoltà che è terminata con le lacrime e un sollievo incredibile quando l’aereo ha toccato la pista di Roma. Tra i 58 afghani arrivati ieri a Fiumicino con l’ultimo volo del ponte aereo italiano ci sono anche Arezu e Ghazal, due sorelle, giovani giornaliste, provenienti da Herat. Sono riuscite ad arrivare in Italia con i loro bimbi e alcuni familiari.

Non riusciamo a credere di aver raggiunto Roma dopo tanti problemi e difficoltà. Non pensavamo di farcela. Abbiamo pianto“, hanno detto all’ANSA. “Abbiamo impiegato due giorni per raggiungere Kabul, dove siamo rimaste quattro giorni prima di riuscire a partire. Nella ressa dell’aeroporto avevamo paura di essere calpestate. Ogni giorno tornavamo al gate per cercare entrare. Abbiamo provato più volte prima di riuscirci“.

Arezu e Ghezal sono rimaste sempre in contatto con le militari italiane del Female Engagement Team, sono riuscite a farsi riconoscere in aeroporto, anche disegnando delle iniziali sulle mani, proprio poche ore prima dell’attentato allo scalo di Kabul. Fino alla salvezza, fino alla partenza.

Fuggite da Herat, dove si erano nascoste dai talebani per giorni

Nei ricordi, tra i momenti più difficili, Arezu e Ghazal ricordano quando ad Heratpochi giorni prima della caduta della città a causa del nostro lavoro da giornaliste siamo state costrette a nasconderci, a cambiare casa“. E quando la città era ormai in mano ai talebani, dicono, “abbiamo dovuto cambiare residenza ogni due o tre giorni“.

Ora le due sorelle si preparano a scrivere una nuova vita. Dopo il periodo di quarantena guardano al futuro, un futuro migliore per loro e per i loro figli. “Ci auguriamo di vivere in pace con le nostre famiglie e di poter continuare a lavorare come giornaliste” spiegano. La cosa più bella per loro è stata riuscire a “portare alcuni familiari in Italia“, mentre rimane la preoccupazione per chi è rimasto in Afghanistan. “Nostro padre e nostro fratello purtroppo sono ancora lì“.

Il loro ringraziamento va a chi le ha aiutate ad andar via dall’Afghanistan e a dare un futuro ai loro figli: alla Difesa e al team di militari donne conosciuto alcuni anni fa ad Herat e con cui sono state sempre in contatto per arrivare a Roma. “Le ringraziamo per quello che hanno fatto per noi e per la nostra famiglia“, concludono.

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