Daniela Poggiali: un assoluzione che però non è chiara. È davvero innocente?

La notizia è ormai ufficiale da ieri, 25 ottobre:Daniela Poggiali è di nuovo libera perché secondo la Corte di Assise di appello di Bologna “il fatto non sussiste“. Il caso però vuole che faccia capire che qualcosa non torna.

È il 2014 quando Daniela Poggiali viene arrestata per omicidio volontario pluriaggravato. L’arresto viene effettuato per la morte di Rosa Calderoni 78 anni avvenuta nell’aprile dello stesso anno. Le indagini che portarono all’arresto dell’infermiera erano partite da una foto che la donna si era fatta fare da una collega. La foto in questione ritrae Daniela Poggiali, in divisa da infermiera, sorridente con i pollici alzati vicino ad un’anziana signora sdraiata sul letto dell’ospedale. Solo che l’anziana signora era appena morta e l’infermiera lo sapeva. Come se non bastasse un commento sotto la foto che dice “Brrr… mmm… la vita e la morte… mmmmmm“. Poi una seconda foto dove ne mimava il viso a bocca aperta.

Vero, solo questo non basta per accusare una donna, all’epoca dei fatti di 42 anni, di omicidio. Ma una seconda morte sospetta, nel suo ospedale, nel suo reparto potrebbe aiutare. E così si scopre che anche la morte di Massimo Montanari di 94 anni è risultata alquanto sospetta.

Quindi ora a Daniela Poggiali vengono attribuiti due omicidi. Le indagini vanno avanti ed è li che la rete si infittisce. Il procuratore di Ravenna, Alessandro Mancini, dichiarò durante le indagini che “sono 38 le morti sospette in quell’ospedale, dieci quelle molto sospette“. Tutte avvenute nel 2014.

Arrivano le testimonianze di colleghe arrabbiate o impaurite che l’accusano di poca professionalità e di poco rispetto per i malati. Ma anche questo però non basta a condannare una persona. Le suddette colleghe raccontarono di quanto fosse vendicativa e che dava purganti ai pazienti per mettere in difficoltà quelle del turno successivo. Altre dissero che rubava dai comodini dei ricoverati e dai cassetti della struttura.

Nelle indagini che andarono avanti per mesi, si scopri che per le morti sospette “si trattava di pazienti di difficile gestione o ancora, di ricoverati con parenti pressanti. Quelli cioè che si preoccupano perché la sorte di chi sta in una stanza di ospedale, venga seguita con la massima solerzia.” Alla signora Rosa Calderoni viene fatta un’autopsia che riscontro una dose eccessiva di cloruro di potassio, una sostanza che ad alti livelli di concentrazione provoca la morte cardiaca improvvisa. E chi ha dato questa dose eccessiva alla donna? Sicuramente non può averla presa da sola. A rispondere a questa domanda sono sempre le indagini che ne fanno trovare la presenza sulla flebo attaccata alla paziente affidata alla Poggiali.

Per Daniela Poggiali sembra che ormai tutto sia contro di lei. Arrivano così i processi. Nel 2016 viene condannata dal Tribunale di Ravenna in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Rosa Calderoni. Nel 2017, a luglio, la Poggiali fu scarcerata perché assolta dalla Corte D’Assise di Bologna che aveva ribaltato la sentenza di primo grado attribuendo la morte a cause naturali. Sentenza però cancellata dalla Cassazione che aveva ordinato un appello bis, conclusosi il 23 maggio del 2019, con una nuova assoluzione, nuovamente cancellata dalla Cassazione che il 18 settembre ha ordinato un appello ter. Per la morte di Massimo Montanari, la condanna a 30 anni era arrivata in primo grado il 15 dicembre 2015, con rito abbreviato.

Ieri infine la doppia assoluzione dalla Corte di Assise di appello di Bologna. Ma c’è da chiedersi: come mai durante i turni di Daniela Poggiali il tasso di mortalità dei pazienti era superiore a quello delle sue colleghe e colleghi di 3 e/o 5 volte? Che fine hanno fatto i 38 casi di morti sospette che erano stati scoperti nel 2014? Non resta che aspettare possibili ricorsi in Cassazione che, se ci saranno, potrebbero allungare ulteriormente una infinita trafila giudiziaria. 

Chi aspetta una risposta sono i familiari delle persone morte di morti sospette.

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